RINASCERE 1

Aprire oggi una strada per il futuro
di Francesca Sacchi Lodispoto

Tutte le strade che i nostri gruppi hanno individuato come percorribili riflettendo sull’inchiesta debbono e possono diventare azioni concrete e gesti quotidiani.
Attoniti e preoccupati a causa del clima culturale e sociale che stiamo vivendo, a tutti noi sta a cuore rinverdire la speranza, superare le paure, favorire la partecipazione e la democrazia non solo in Italia ma anche in Europa.
Le elezioni europee che ci attendono a maggio sono un appuntamento importante da non sottovalutare e fanno appello ala nostra coscienza e responsabilità di cittadini e di cristiani.
Questo significa informazione corretta sulle istituzioni europee e il loro ruolo; informazione sulle possibilità reali dei partiti di costruire una politica comunitaria europea; respingere la strumentalizzazione delle elezioni europee ai fini della lotta politica interna.
Infine ci sembra importante rifiutare il clima di violenza verbale, di menzogna, di semplificazione demagogica che caratterizza l’attuale stagione politica.
Come aderenti a Rinascita Cristiana ci impegniamo, proprio in forza della nostra età, ad essere di esempio di un informazione corretta per i più giovani, in famiglia, tra i nostri amici e colleghi.
Molti di noi hanno memoria dei passi fatti dall’Europa nella pace e dei vantaggi culturali ed economici avuti dall’Italia; i più giovani, “la generazione Erasmus” non può immaginare un’Europa in cui nuove frontiere impediscano una libera circolazione e un libero scambio non solo di merci ma di idee, culture, esperienze, persone.
Coscienti di tutti questi valori e nello stesso tempo dei tanti limiti attuali sottolineiamo l’importanza di un voto responsabile perché il futuro nostro, dei nostri figli e dei nostri nipoti passa attraverso un’Europa indipendente dai grandi blocchi mondiali e capace di costruire al suo interno il Bene Comune di tutti i popoli.


RINASCERE 5/6

Camminiamo nella strada che apre al futuro
di Francesca Sacchi Lodispoto

Con questo numero di Rinascere si chiude l’anno 2018, un anno in cui tutto il Movimento ha riflettuto sulla possibilità di vivere, o meglio abitare i conflitti, piuttosto che ignorarli o lasciarsi schiacciare da essi. Questo esercizio ci ha permesso di aprirci al futuro, di guardare con occhio critico il nostro presente e attraverso il nuovo Piano di lavoro “Una strada per il futuro” di intraprendere passi concreti di rinnovamento così come è stato indicato dal Consiglio nazionale.
Il Convegno Responsabili da poco concluso ha rafforzato il nostro progetto indicando in un’informazione più approfondita e in una ricerca delle buone pratiche intorno a noi i campi da esplorare e le reti in cui inserirsi. Aiutati dai conferenzieri e dai testimoni che hanno partecipato al Convegno abbiamo capito che non possiamo accontentarci di piccole appartenenze e insufficienti soluzioni individuali ma che una comunità che vuole camminare sulle orme di Cristo è pronta ad ascoltare la voce dello spirito che si rivela nei fatti della vita. Gli interventi di mons. Soddu della Caritas ma anche le testimonianze di Serena Asso e Gege Moffa hanno dimostrato come il futuro inizi sempre da alcune convinzioni e da piccoli passi.
Il vangelo di Giovanni sarà quest’anno luce per i nostri passi: “Nella tua luce vediamo la luce” è il tema delle nostre meditazioni. Ma per vedere la luce di Cristo è necessario che tutti apriamo i nostri occhi, la nostra intelligenza e il nostro cuore per lasciarci da essa trasformare e cogliere i segni di speranza nelle nostre città che sono i segni del regno di Dio che è già tra noi.
Democrazia, fiducia, cittadinanza, universalità e rispetto del creato sono le piste indicate dall’inchiesta su cui muovere i nostri passi perché l’uomo sia sempre più uomo in tempi in cui l’umanità sembra sprofondare nella violenza e nell’ingiustizia.
L’anno 2018 si chiude con la memoria della fine della I guerra mondiale: un centenario che ricorda l’inizio di un secolo di guerre fratricide tra nazioni europee e il bisogno, ancora oggi urgente, di ricostruire processi condivisi di pace.
La chiesa italiana nell’Assemblea dei suoi Vescovi in novembre ha messo a fuoco l’urgenza di un impegno sociale e politico dei cattolici e la necessità di vivere una “ecologia integrale” fatta di attenzione al territorio e ad uno sviluppo sostenibile (cfr. Prolusione del Card. Bassetti www.chiesacattolica.it)
Le pagine di questo numero vogliono essere un contributo per il lavoro dei gruppi poiché contengono riflessioni fatte in momenti e sedi differenti e documenti preziosi per alimentare la nostra informazione in senso critico e veritiero.
Il Piano di lavoro prevede anche un percorso alternativo per gruppi informali: è una strada da percorrere con coraggio e creatività per rendere un servizio al vangelo e rinnovare il nostro Movimento.


RINASCERE 2/3

Riscoprire il senso di appartenenza
di Padre Licio Prati

  1. Renderci conto di quanto oggi sia importante riscoprire il senso di appartenenza (senso di appartenenza in assoluto) in un contesto di autoreferenzialità, di autodifesa, di diffidenza reciproca. Se non coltiviamo in noi questa dimensione dello spirito e non la aiutiamo a crescere attorno a noi come valore costituivo della persona umana (prima ancora che del tessuto sociale), ci riempiremo inutilmente la bocca di parole quali “bene comune”, “impegno sociale”, “giustizia e fraternità”, “evangelizzazione”, “fedeli a Dio e fedeli all’uomo”… e ancora staremo a guardare il mondo dalla finestra… Appartenere a chi? A che cosa? E’ talmente ovvio che spesso resta pensiero assopito, forza devitalizzata dentro di noi: noi apparteniamo a Cristo Dio, al popolo di Dio (la Chiesa), alla comunità civile, all’umanità; ed anche ad una famiglia, ad una città. A Rinascita Cristiana. Viviamo grazie a qualcosa, qualcuno, un sistema di relazioni anche sottili e invisibili in cui ci vogliamo muovere con generosità, coscienza e responsabilità prendendoci cura di questo ambiente vitale cui apparteniamo. O decidiamo che non è il caso? Dalla Scrittura, dalle parole di Genesi “non è bene che l’uomo sia solo”, alle parole di san Paolo “tutto è vostro, voi siete di Cristo, Cristo è di Dio”…
  2. C’è un bisogno tremendo, oggi, - mi sembra – di capire cosa sta succedendo: nel mondo, ma anche nel cuore dell’uomo; e nel nostro. non basta la perenne connessione informatica trasformata in attività dominante. Non è male ascoltare bene il saggio invito di sant’Agostino: Non andare fuori di te; rientra in te stesso, perché la verità abita dentro l’uomo, nel suo intimo”. Momenti di sosta, momenti di riflessione personale, con un bussola in mano (inchiesta) e un orizzonte nel cuore (vangelo). Per discernere e muoversi nella direzione giusta, diamo un’anima al metodo! Non basta vedere, giudicare, agire in una sorta di ginnastica mentale o spirituale. Un buon discernimento, invece, ci porterà a conoscere il vero (la realtà così come è), ad amare il bene (ciò che ci fa essere vivi), a servire la dignità di ogni essere umano e il progetto di Dio, il suo regno. Conoscere – amare – servire! Con l’aiuto di Dio … e del gruppo.
  3. Nelle incertezze e smarrimenti propri del passaggio epocale in cui ci troviamo forse ci poniamo alcune domande: dove andare? Ci sarà una terra promessa per il nostro disincantato mondo? Come sentirne gli odori nel buio e nella tempesta? Quali le priorità nella nostra ricerca? Nei piani di lavoro? Ho guardato all’esperienza delle prime comunità cristiane, quelle che ci hanno lasciato la loro attestazione di fede nel Nuovo Testamento. Ho guardato al modo con cui il loro vivere e il loro credere li ha posti come antimodelli a fronte dei modelli culturali dominanti. Ho guardato nella storia bimillenaria, fatta di fede e di peccato, del popolo di Dio; storia anche dell’uomo. Mi sembra che tre grandi convinzioni ne abbiano segnato il cammino e indichino con precisione la direzione in cui muoversi. Sono anche tre grandi aree d’impegno. (1) gli umili sono soggetti di storia; non sono scarti, il mondo non è dei potenti: è di Dio. E questo da quando dio si è fatto uomo nel grembo di Maria di Nazareth che ha cantato: “ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili” (ma c’è ancora tanta strada da fare…). (2) l’esperienza dei discepoli di Gesù si propone la mondo come esperienza di una società illimitata, senza frontiere etniche e culturali, senza barriere interne, caste privilegiate o altro: “non c’è più giudeo né greco, non c’è più schiavo né libero, uomo o donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo” (Gal 3,28) E non è kaos. (ma c’è ancora tanta strada da fare…). (3) La storia non è dominata dal fato, dal destino (l’Ananke!), ma è portata a buon fine, verso cieli nuovi e terra nuova, da un incontro. E’ incontro di due libertà: la libertà di Dio, con la sua forza, la sua luce, la sua misericordia e la libertà dell’uomo con la sua sapienza e la sua fede. E ciò diviene, per ognuno di noi, coraggio e audacia, serenità e speranza.

RINASCERE 1

4 Marzo un appuntamento da non evadere 

a cura della redazione

È sempre difficile, e forse anche imbarazzante, esprimere un parere a proposito delle elezioni. Rinascita Cristiana non ha mai dato indicazioni di voto rispettando il pluralismo all’interno del Movimento e la legittima diversità di opinioni dei cristiani che vivono in un contesto di democrazia. Tuttavia il tema di lavoro di quest’anno ci invita a guardare i conflitti sociali in atto in termini di dialogo sui valori, di riscoperta di un’etica condivisa e di costruzione del Bene Comune.
Affidiamo quindi alle parole sia del Presidente della Repubblica sia dei nostri vescovi la riflessione sul voto, sul diritto/dovere di partecipazione e su alcuni aspetti della società da tenere presenti.
“In questi mesi di un secolo fa i diciottenni di allora - i ragazzi del ‘99 - vennero mandati in guerra, nelle trincee. “Molti vi morirono. Oggi i nostri diciottenni vanno al voto, protagonisti della vita democratica. Propongo questa riflessione perché, talvolta, corriamo il rischio di dimenticare che, a differenza delle generazioni che ci hanno preceduto, viviamo nel più lungo periodo di pace del nostro Paese e dell’Europa. Non avviene lo stesso in tanti luoghi del mondo. E aggiunge Il presidente Mattarella: “Non possiamo vivere nella trappola di un eterno presente, quasi in una sospensione del tempo, che ignora il passato e oscura l’avvenire, così deformando il rapporto con la realtà. La democrazia vive di impegno nel presente, ma si alimenta di memoria e di visione del futuro”.
“Occorre preparare il domani. Interpretare, e comprendere, le cose nuove. La velocità delle innovazioni è incalzante; e ci conduce in una nuova era, che già cominciamo a vivere”. Cambiano gli stili di vita, i consumi, i linguaggi. Mutano i mestieri, e la organizzazione della produzione. Scompaiono alcune professioni; altre ne appaiono. I cambiamenti, tuttavia, vanno governati per evitare che possano produrre “ingiustizie e creare nuove marginalità”.
“L’autentica missione della politica consiste, proprio, nella capacità di misurarsi con queste novità, guidando i processi di mutamento. Per rendere più giusta e sostenibile la nuova stagione che si apre”.
“La cassetta degli attrezzi, per riuscire in questo lavoro, è la nostra Costituzione: ci indica la responsabilità nei confronti della Repubblica e ci sollecita a riconoscerci comunità di vita. L’orizzonte del futuro costituisce, quindi, il vero oggetto dell’imminente confronto elettorale”.

«Le elezioni rappresentano il momento più alto della vita democratica, da affrontare sempre con fiduciosa serenità: il loro ritmo, costituzionalmente previsto, è fisiologico in qualsiasi ordinamento democratico» afferma il Presidente Mattarella durante il tradizionale scambio di auguri nel Salone dei Corazzieri con le alte cariche dello Stato e con i rappresentanti di Istituzioni, partiti, sindacati…
E il Card Bassetti, Presidente della Cei1, nella sua prolusione riferendosi alle prossime elezioni politiche, dice: “Come Vescovi ci uniamo innanzitutto all’appello del Capo dello Stato a superare ogni motivo di sfiducia e di disaffezione per partecipare alle urne con senso di responsabilità nei confronti della comunità nazionale. Richiamato il valore morale e democratico del voto, voglio essere altrettanto chiaro sul fatto che la Chiesa non è un partito e non stringe accordi con alcun soggetto politico. Il «risveglio della Chiesa nelle anime» evocato da Romano Guardini, lo «sviluppo integrale dell’uomo» promosso da Paolo VI e il dialogo con tutti costituiscono il nostro orizzonte di riferimento. Con un’ulteriore specificazione riguardo al dialogo. Come ha detto Papa Francesco al Convegno ecclesiale di Firenze «dialogare non è negoziare». Negoziare, infatti, consiste soltanto nel «cercare di ricavare la propria “fetta” della torta comune». Ma non è questo, ovviamente, ciò che intendiamo. Dialogare significa, invece, «cercare il bene comune per tutti». In questa prospettiva – la sola che ci sta a cuore – possiamo tracciare un orizzonte di idee e proposte che vogliono essere un contributo fattivo e concreto alla discussione pubblica.” Poggiandosi su questi due autorevoli riferimenti la redazione ha ritenuto opportuno rivolgersi ai membri di Rinascita perché tengano presente che “abitare i conflitti per costruire il futuro” è un invito ad una partecipazione attenta alle reali emergenze del paese, della solidarietà sociale e al rifiuto di ogni razzismo.

1 Il documento si trova a pag. 17

RINASCERE 6

Abitare il conflio con lo stile di Dio 

a cura della redazione

ll mondo, diventato un piccolo villaggio, moltiplica le informazioni e ci rende più vicine tante situazioni; questa è un’occasione per vivere “la prossimità” come ci indica il Vangelo, e quindi di favorire una maggiore coesione e solidarietà sociale.
D’altra parte discordanze, disuguaglianze, ingiustizie e le “le false notizie” di cui tanto oggi si parla, generano conflitti che spesso sfociano nella violenza. Un violenza non solo fisica sfociano molto spesso nella violenza: una violenza non solo fisica, di fronte alla quale più facilmente ci indigniamo, ma anche verbale, presente per strada, in televisione, sui social e nel linguaggio quotidiano. Le parole violente, usate come armi non convenzionali, vogliono sopraffare, soffocano il confronto democratico di cui la nostra società ha tanto bisogno per non ricadere in pericolose derive. Il conflitto rimane, si esaspera, assorbe energie spese per addossare colpe anziché trovare composizioni responsabili. Si è diffusa la cultura di una sedicente libertà nel cui nome si difende ad ogni costo un “verbo” personale, che mette al centro egoismi, interessi di parte, desiderio di affermazione a scapito del prossimo e di quella porzione di verità di cui ognuno può essere portatore.
Abitare il conflitto è al contrario una chiamata alla responsabilità; così come il Verbo che si è fatto carne ed è venuto ad abitare, a porre la sua tenda, in mezzo a noi.
Anche se oggi sembrano mancare le prospettive, noi cristiani una prospettiva l’abbiamo ed è la voglia di guardare con solidarietà e speranza al mondo d’oggi, muoversi in esso da credenti e prendersene cura.
Si tratta di vivere l’oggi di Dio così com’è, insieme all’umanità, con la forza di salvezza che viene da Cristo e dal suo vangelo.
Dobbiamo guardare al nostro tempo, interrogarne il grido e il silenzio e la violenza per capire in quale direzione si muovono i passi dello Spirito di Dio. E di conseguenza scuoterci di dosso, inerzie, vittimismo, sfiducia o arroganza e seguire questi passi. Non è più tempo di lamentele ma è tempo di risvegliarsi come uomini e come cristiani.
Di superare una cultura in cui l’autonomia dell’individuo sconfina con la solitudine e la negazione delle relazioni interpersonali, con un malinteso pluralismo che genera scontro o indifferenza, con l’appiattimento sulla soddisfazione del bisogno e la conseguente rinuncia o dimenticanza di tutto ciò che riempie la vita: il gratuito, il bello, il sogno che sono la soglia dell’assoluto. 

Tra fede e vita, la coscienza e la cultura
Lo slogan di RC “coniugare fede e vita” ci pone sotto gli occhi l’ideale cui tendere. Esso significa coerenza personale ed insieme impegno nel nostro ambiente di vita. Sono la condizione necessaria per “evangelizzare”, per dare anima con lo spirito del Vangelo alla nostra cultura. E tuttavia essendo noi figli del nostro tempo, dal momento che ne respiriamo e ne produciamo la cultura, la tentazione costante è quella di essere spesso omologati alla cultura dominante.
Oggi è tempo di assumersi responsabilità personali e di divenire soggetti non oggetti di cultura, operai e non consumatori o spettatori del cantiere del nostro tempo.
Si tratta di ripartire dalla coscienza personale. Perché la nostra fede in Gesù e nel suo vangelo contribuisca a ridare dignità all’uomo e al suo essere nel mondo e trasformi la vita da ingiusta in giusta, da violenta a pacificata, da escludente a solidale.
Occorre allora riscoprire ed innamorarsi di un progetto comune. Un progetto comune è importante per la famiglia, la società, la chiesa e si basa su alcune convinzioni. Per noi di RC saper leggere i segni dei tempi e trarne conclusioni per un nuovo stile di vita è un progetto irrinunciabile che anche la chiesa italiana, in fedeltà all’Evangelii Gaudium di Papa Francesco ci suggerisce. Siamo infatti convinti che ogni volta che facciamo revisione di vita impariamo a leggere la storia che è il linguaggio di Dio. A questo stile ci richiama fortemente il Natale: il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi, nella nostra storia quotidiana. Leggere i segni dei tempi attraverso le nostre inchieste sarà il progetto di R. C. per il prossimo futuro.

RINASCERE 3

Alleanza, conflitti e futuro 

di Francesca Sacchi Lodispoto

Al termine di un anno di lavoro sono utili alcune considerazioni. L’evento principale annunciato al Convegno Responsabili e fortemente voluto dai Responsabili nazionali è stato la realizzazione dei seminari di formazione:  Roma a fine gennaio, Milano a marzo, Napoli in aprile. In un contesto sociale ed ecclesiale di pessimismo diffuso e di consumo individualistico abbiamo ribadito che il passaggio dall’adolescente all’adulto è caratterizzato dal donare e nutrire piuttosto che dall’essere nutrito. Questa convinzione è stata anche avvalorata dalle riflessioni fatte per mezzo del Piano di lavoro sulla “vita di qualità”.
Abbiamo la tendenza a consumare tutto: la natura e il territorio, la democrazia, la cultura, la buona educazione ricevuta, le tradizioni e anche l’esperienza religiosa. Non avendo nulla da sostituire a ciò che viene meno e non avendo proposte nuove sempre più spesso ricorriamo al linguaggio del “post”: post-cultura, post-verità… post-coscienza senza sapere cosa sia contenuto in questo post.
Ma noi siamo coscienti, questo è stato il messaggio dei seminari, di avere un tesoro in mano che è l’abitudine  ragionare anche al di là delle emozioni immediate. La meditazione sull’alleanza ha rimesso a fuoco due realtà fondamentali: la libertà e la solidarietà quali fondamenti di un pensiero critico che è parte essenziale di un discorso cristiano.
E allora come passare da un’idea di movimento da consumare a un’adesione responsabile? Rinascita Cristiana è un corpo intermedio in cui in una società liquida vi è ancora la possibilità di formare la coscienza.
A questo servono i gruppi di RC, a vivere un cristianesimo adatto a parlare ai nostri tempi, a lavorare per il regno di Dio. Il gruppo di RC non è fine a se stesso ma è lo strumento privilegiato che noi abbiamo al servizio dell’annuncio.
Per l’anno prossimo il Consiglio nazionale ha deciso un Piano di lavoro dal titolo “Abitare il conflitto per costruire il futuro”. Abbiamo davanti a noi un percorso che ci impegna alla speranza passando attraverso i conflitti della nostra società per capirli e superarli.
Non dobbiamo spaventarci di fronte alla parola conflitto perché sappiamo che esso è già dentro di noi e fa parte della nostra umanità, della libertà, della complessità delle differenze. Assumendo il conflitto, capendone le cause profonde possiamo essere in grado di prendere delle decisioni che sono parte della nostra libertà e della nostra solidarietà e percorrere quella strada già indicata dal “divenire alleanza”.

 

RINASCERE 1/2

Benvenuti in Rinascere 2017

di Francesca Sacchi Lodispoto

Il tempo è superiore allo spazio è uno dei quattro principi ormai celebri di Evangelii Gaudium. Darsi tempo è essenziale, ma il susseguirsi troppo veloce di avvenimenti drammatici e contradditori, di catastrofi naturali ci fa vivere in uno stato di ansia e paura che non aiuta il nostro pensare e il nostro operare, in definitiva la qualità della nostra vita.

Rinascere è un bimestrale ed è quindi difficile che possa rincorrere la cronaca e forse non sarebbe neanche il suo compito. Allora possiamo domandarci: quando apriamo Rinascere cosa cerchiamo? Solo noi stessi, la nostra chiesa e le nostre attività, le riflessioni che andiamo facendo nell’anno nei nostri gruppi? In definitiva vogliamo guardare noi stessi allo specchio?

Ma vi è un modo diverso di guardare a quanto accade, un modo sapienziale che ci fa uscire da noi stessi e ci permette di accorgerci che un mondo diverso è possibile, un mondo che già esiste ma non è quasi mai alla ribalta della cronaca.

Un mondo reale, presente, sostenuto dal desiderio e dalla speranza di tanti.

Quindi le pagine di Rinascere possono aiutarci a guardare ai fatti in un modo diverso che nasce dalle esperienze fatte, dalle informazioni alternative, al di là dei filtri immediati dei mass-media.

Una lettura sapienziale dei fatti ci permette di entrare in contatto con le persone e non con le teorie, di pensare i nostri gruppi come luogo di discernimento e di formazione di un pensiero autonomo, di trovare le ragioni che ci permettono di vivere insieme, di fare scelte ed educare alla libertà, di individuare un progetto di vita (perché il progetto unifica il legame con gli altri, con il passato e con il futuro).

Rinascere quindi è lo strumento, in questo nostro tempo difficile, che noi di Rinascita abbiamo per educarci ad un pensiero comune che implica il recupero del sociale e della relazione.

Il tema dell’alleanza che sta accompagnando i nostri gruppi è anch’esso un invito a vivere la comunità di persone con stima di sé e sollecitudine verso gli altri, ad educare insieme a tanti altri e ad impegnarsi nell’analisi e nella ricerca perché il pensiero umano condiviso porta luce sulla nostra esistenza e ci spinge ad azioni concrete. Alcune sono sotto i nostri occhi nelle varie città e Rinascere è ben felice di farsene eco anche in questo numero.


 

RINASCERE 5/6

Per una vita buona
alleanze

di Francesca Sacchi Lodispoto

È la felicità di “vivere bene” ciò che voi reclamate, la “vita buona” e non quell’ideale egoista che ingannevolmente inverte le parole e propone la “bella vita”. Queste parole di Papa Francesco al III Incontro dei Movimenti popolari sintetizzano bene la riflessione che la redazione ha fatto proponendo questo numero di Rinascere che chiude il lavoro del 2016 sul “Abitare la città” e contribuisce alla riflessione appena iniziata sulle caratteristiche di una vita di qualità utile ad abitare le nostre città con tutte le paure e le difficoltà che in esse si trovano, ma anche con i tanti segni di solidarietà e cambiamento in atto.

Certo oggi a tutti è richiesto un supplemento di pensiero e di coscienza che nasce da una corretta informazione al di là di pregiudizi, luoghi comuni e prese di posizioni partigiane.

Come cristiani siamo chiamati ad affinare il nostro discernimento e a far crescere in noi e intorno a noi una sensibilità umana che va sostenuta ed aiutata per diventare com-passione e corresponsabilità. Molti contributi di questo numero vanno in questo senso, così come molte iniziative realizzate nelle varie città italiane.

La nostra Italia è attraversata da lacerazioni, non ultimo il referendum che mentre chiudiamo questo numero è ancora davanti a noi. Anche l’Europa si trova in difficoltà: la brexit, la mancanza di solidarietà condivisa sui temi dell’immigrazione, un’economia che stenta a decollare, i rapporti con gli Stati Uniti tutti da riscoprire a seguito della elezione di Donald Trump, la crisi in Medio Oriente. È il mondo che sta cambiando e come ci ricorda Papa Francesco è ora forse di un’inversione di marcia per far rinascere il senso di comunità al di là degli egoismi nazionali e internazionali.

Oggi tutti parliamo di essere in rete e di agire in rete; le reti sono certamente necessarie e funzionali ai progetti ma prima ancora occorrono alleanze e relazioni personali. Il nostro compito, come suggeriscono gli articoli di Padre Licio Prati e Serena Grechi, è quello di mettere insieme, di costruire legami perché la concretezza di una “vita buona” sia per tutti.

Questo è il nostro sogno: riscoprire che siamo popolo di Dio nel mondo, che la nostra visione della vita non è ancorata alla politica, alla finanza ma al Vangelo e si realizza facendo piccoli passi concreti, creando ponti, dialogando con tutti, partecipando.


RINASCERE 2/3

Un movimento in uscita capace di abitare la città?       
di Serena Grechi

Il bilancio di un anno prospettato in Consiglio nazionale dalla Responsabile di Rinascita Cristiana                                                                                                                                  

Siamo giunti quasi alla fine di quel percorso in uscita che, tre anni fa ad Assisi , abbiamo pensato di realizzare con tutto il Movimento.  Nonostante le difficoltà di crescita che, fisiologicamente, avevamo pur previsto, il nostro progetto di Movimento in uscita nelle strade e nelle piazze per costruire ponti e cercare compagni di viaggio ha preso piede in quasi tutte le città più importanti.
Su questa stessa linea dell’”uscire” il Consiglio nazionale ha approvato le nuove linee programmatiche per i prossimi anni  in sintonia anche con il Convegno Ecclesiale di Firenze. 
Ci siamo resi visibili, abbiamo cooperato con altre realtà e associazioni, abbiamo lavorato in rete sia a livello nazionale che internazionale. Siamo cresciuti anche a livello informatico creando siti cittadini e potenziando il sito nazionale. Abbiamo cominciato a familiarizzare con i mezzi di comunicazione per far  sentire anche la nostra voce. Le nostre città funzionano!
È per questo che insieme al Consiglio nazionale e al Comitato Consultivo ci siamo convinti che questa sia  la strada da seguire, per realizzare anche l'”abitare": un abitare fatto di relazioni che ci consenta di crescere in umanità vivendo nuovi luoghi di incontro per poter dialogare con tutti. Con il Piano di lavoro appena terminato, facendo nostro l’invito di Evangelii Gaudium, ci siamo spinti oltre l'uscire  dal tempio per poter raggiungere luoghi e periferie esistenziali che oggi vanno abitati e dove è possibile realizzare quella politica dell'incontro che Papa  Francesco continua a esortarci a vivere.
Certo guardandoci intorno constatiamo come due grandi fenomeni contribuiscono al cambiamento della società: il fenomeno mondiale delle migrazioni e di conseguenza la società multiculturale; i nuovi mezzi di comunicazione che realizzano a grandi velocità un mondo sempre più tecnologico e globalizzato.
La società  liquida descritta dal sociologo Bauman, ha preso il sopravvento anche sul nostro modo di intendere l'amore, un amore che vive l'emozione del momento o dei momenti non è un amore destinato a durare nel tempo. "Le emozioni passano i sentimenti vanno coltivati" con queste parole Bauman introduce il modo nuovo oggi di vivere la relazione, anche quella affettiva.
La prima nostra reazione a questi cambiamenti, nonostante come Movimento fossimo preparati, è stata quella di chiudersi, di aspettare che il cambiamento e la rivoluzione passassero. Cavalcare il cambiamento poteva essere pericoloso, stare fermi no. Ma non è così che funziona Rinascita Cristiana  esiste  perché crediamo nel cambiamento di mentalità che ci permette di vedere il mondo con gli occhi e il pensiero di Cristo; il nostro compito primario é educare al cambiamento, affinché i valori in cui noi crediamo possano essere conosciuti , affinché il vero volto di Dio venga conosciuto, affinchè diveniamo  pronti a trasformare la realtà in nuovi stili di vita disposti a cambiare noi per primi la nostra mentalità. Non possiamo permettere che  la nostra società si lasci avvolgere dalla paura e la strategia dell'allarme prende il sopravvento, e che populismi impazziti ci rendano sempre più individualisti e i protezionismi e i nazionalismi divengano il nostro pane quotidiano in Italia e in Europa.
Molti di noi si chiederanno: cosa possiamo fare? Siamo anziani. Come fedeli laici di un Movimento di evangelizzazione abbiamo il dovere di “esserci” giovani e meno giovani, di far sentire la nostra voce: la giovinezza e la vecchiaia non sono segnate dal tempo, ma dall'animo. Noi che abbiamo il dono degli anni e ci siamo liberati dei vecchi impegni, abbiamo la responsabilità dei nuovi, impariamo a ricevere e condividere. Le nostre vite sono intimamente legate ad un'avventura che il Signore ci offre di percorrere insieme a Lui. Abbiamo imparato che il Dio della Bibbia è un Dio che agisce, è un Dio che coinvolge se stesso nella vita di ogni uomo.

Eccoci dunque al tema indicativo del piano di lavoro del nuovo anno  "oltre le paure l'alleanza" il titolo è già indicativo di un percorso: analizzeremo le nostre paure, proveremo a definirle, a riconoscerle nei gesti e nei pensieri della vita quotidiana. Rifletteremo sulla qualità della vita che vogliamo per noi, per gli altri, per le generazioni future; rifletteremo sulla qualità del nostro benessere e sulla possibilità di un bene comune per tutti. L’alleanza tra Dio e il suo popolo, tema della prossima meditazione, sarà per noi motivo di trasformazione e di conversione. Noi vogliamo trasformarci convertirci! Vogliamo trasformare il mondo che ci circonda vogliamo comunicare che c'è un amore grande che ci permette di essere liberi, felici di vivere in pace, di non odiare nessuno, di apprezzare le differenze perché sono ricchezze che la vita ci dà.

 


RINASCERE 1 - 2016
Tre piste per vivere e abitare la città
di Licio Prati

Non possiamo negare che questo nostro tempo sia stimolante. Eventi e proposte si incrociano e susseguono a ritmi sostenuti, sono selezionati, amplificati ed anche distorti dalla comunicazione massmediatica. Tutto ciò può aprire la porta all’apatia rassegnata o al rifiuto di quanto non ci tocca da vicino.

Il cammino di Rinascita cristiana anche in questo anno – anno giubilare della misericordia - è un invito a cercare il senso del vivere collettivo e individuale con una mente saldamene ancorata al vangelo di Cristo, con occhi e cuore ben aperti sul mondo e mani tese nel reciproco aiuto. Già l’anno passato con Rinascita Cristiana abbiamo individuato nella città in cui viviamo, nel nostro territorio, lo spazio mentale ed operativo per il nostro impegno di cittadini e di cristiani, con attenzione alle persone e alle situazioni concrete, in collaborazione con chiunque desideri e operi per il bene comune. Certamente conosciamo per esperienza diretta il vecchio adagio “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”… Forse talvolta c’è di mezzo solo una nostra sensibilità poco evangelica che ha bisogno di affinarsi sempre più nella preghiera e nell’ascolto profondo di Dio per divenire sguardo purificato e sollecita azione.

Mi permetto di indicare tre piste su cui avviare la nostra sensibilità in vista del riflettere e dell’agire. Mi sembrano importanti e per niente scontate e banali in una visione cristiana del vivere.

Scendere dai piedestalli, abbassarci se vogliamo ritrovare relazioni “umanizzate” e umanizzanti, se vogliamo muoverci con chi ha il passo diverso dal nostro, essere fattivamente vicini a chi è in difficoltà, se vogliamo … essere misericordiosi come il Padre nostro celeste. Non è male riferirsi all’abbassamento (o “condiscendenza”) con cui Dio ci è venuto incontro e si è fatto a noi vicino: “per noi uomini e per la nostra salvezza, discese dal cielo” come dichiariamo recitando il Credo. Ci è indicata una dimensione spirituale per il nostro tempo.

Dar credito al Dio del Genesi, al Dio creatore del cosmo e della storia, al Dio di tutti; perché - e per questo - egli è anche il Dio dell’Esodo come anche i profeti ci ricordano. La nostra fede non può contrapporre mondo ed esperienza cristiana alla vita dell’umanità (di cui siamo parte) e all’esperienza delle altre religioni … il Dio di Gesù Cristo è il Dio del Genesi e il Dio dell’Esodo.

Accrescere il lato nomade della fede per non sentirci mai arrivati e soddisfatti, per sentirci sempre bisognosi di Dio e del prossimo, per riprendere vigore e speranza. Se, infatti, ogni incontro vero con Dio dà solidità alle nostre giornate e fornisce certezze che ci sostengono nel mare ondeggiante della vita è anche vero che ogni incontro con Dio ci lascia inquieti; ci accorgiamo, infatti, di avvicinarci a lui quasi a tappe e di come molti e incompleti siano i modi di incontrarlo.

Avere una fede nomade significa essere certi che il mio “oggi” pieno di incertezze e smarrimenti è anche abitato dall’OGGI di Dio; ci aiuta a cercare e seguire le tracce di un bene, il Suo bene, che è certo, che è già presente ma “non ancora” piena realtà. E forse saremo anche più capaci di farci carico dei dubbi, delle incertezze di molti


RINASCERE 5/6
Unico principio per tutti: Gesù di Nazareth
di Licio Prati

La nascita di Gesù, Dio fatto uomo per salvarci (dal male o da noi stessi?), è festa per noi suoi discepoli ed invito alla festa per tutta l’umanità.
Tutto ci invita, in questo nostro tempo, a non avere paura e ad assumere il coraggio come bagaglio essenziale per attraversarlo. Abbiamo bisogno come persone e come società di ridefinirci, di ricollocarci di fronte a noi stessi e al cosmo, al vivere e al morire; ed anche di fronte a Dio (anche noi cristiani). Se non ci rendiamo conto di questo, significa che guardiamo, sì, ciò che accade ma non vediamo in tutto ciò una richiesta di cambiamento che viene dalla Vita stessa.
Sappiamo infatti che con lui tutto può avere un nuovo inizio e l’albero della vita può dare frutti buoni in nuove stagioni.
A fondamento del vivere cristiano, dal pensare all’agire, non c’è una norma morale che viene dal di fuori e alla quale obbedire; e nemmeno una correttezza etica autoreferenziale. Il cristiano fonda la sua esistenza su una persona: Gesù di Nazareth, Dio con noi. Solo una profonda, totale e fiduciosa relazione con lui ci permette di cogliere nell’amore il vero criterio per interpretare l’essere umano, la sua esistenza, il suo mondo e costruire armonia e coesione, giustizia e solidarietà per tutti.
Libertà, fraternità, uguaglianza sono i nostri valori? In realtà sono derisi ed offesi quando non li ancoriamo al principio dell’amore. E da Betlemme e da ogni luogo in cui la potenza di Dio si manifesta nelle vesti della debolezza e dell’insignificanza riparte il comando di Gesù : “Amatevi come io vi ho amati”.
In questo anno giubilare, che è invocazione di misericordia, sapremo, anche come Rinascita Cristiana, guardare alle miserie in cui affogano le nostre città e vedere, pur se affamato, percosso, umiliato, il volto del
Figlio dell’Uomo? E dal vedere sapranno passare all’agire?


RINASCERE 3

Uscire dal tempio ed abitare la città
di Francesca Sacchi Lodispoto

Vivere la città da cristiani e da cittadini: questo il tema del piano di lavoro che ci attende il prossimo anno in diretta continuità con quello appena concluso. In continuità perché il tema della città è talmente importante che certamente non è stato possibile esaurirlo in un anno, ma nello stesso tempo in rottura perché non si tratterà più di osservare e conoscere meccanismi e culture della vita urbana, quanto piuttosto di agire, di uscire e di impegnarsi per un rinnovamento concreto personale e collettivo.
Il lavoro appena concluso nei nostri gruppi è stato decisamente importante e innovativo; con l’aiuto dell’Evangelii Gaudium abbiamo sì approfondito gli aspetti conoscitivi delle nostre città, ma lo abbiamo fatto sul campo e ci siamo arricchiti nel confronto con tante esperienze laiche ed ecclesiali che sono presenti, crescono e vivono nei nostri quartieri, nei nostri municipi, nelle realtà in cui viviamo.
È stata questa quindi una prima uscita sul territorio, un rendersi conto che insieme ad altri è possibile comprendere meglio, abbattere luoghi comuni e pregiudizi, cambiare, partecipare ed impegnarsi.
La meditazione poi ci ha permesso di capire il valore che la Bibbia da alla città pur nelle sue ambiguità di bene e di male, di sopraffazione ed egoismo e di solidarietà e generosità. La Parola di Dio, sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, è stata per i nostri gruppi un dono prezioso per dare spessore spirituale al nostro “essere cittadini” della città terrestre con il sogno di realizzare già qui un anticipo della città futura, quella Gerusalemme celeste verso la quale tutti camminiamo.
E infine abbiamo capito che il cristianesimo ai suoi albori è nato e si è diffuso nelle città: i grandi centri urbani dell’epoca, Atene, Efeso, Corinto…Roma sono stati i luoghi privilegiati dell’annuncio di novità portato dai primi cristiani. E noi oggi siamo ancora capaci di animare cristianamente le culture delle nostre città? Dopo un anno siamo ormai convinti che nel cuore della città incontriamo Dio e che la fede in Gesù Cristo ci impegna ad essere sale e lievito per rinnovare e fermentare la coscienza personale e collettiva attraverso una costante opera di conversione. Abitare la città allora rimanda al sentire la città come un bene che ci appartiene e a cui apparteniamo e dunque al compito di prendercene cura perché sia un luogo vivibile per tutti, un luogo di incontri, di relazioni, di sollecitudine verso chi è nel bisogno, di condivisione di obiettivi comuni; non una somma di individui, ma una comunità.
Tre piste saranno di guida al lavoro di gruppo: la prima “Animatori di un sentire etico” ci invita ad aprire gli occhi per capire a fondo la sfida etica che attraversa tutta la nostra società e la nostra cultura; la seconda“Il dialogo nella città”raccoglie l’indicazione che nasce dal Giubileo della misericordia ad aprirci al dialogo per meglio conoscerci e comprenderci, eliminare ogni forma di chiusura e di disprezzo ed espellere ogni forma di violenza e di discriminazione. (M. V. n. 23); la terza infine “La giustizia da sola non basta - la misericordia strumento per la convivenza civile” Giustiziae misericordia non sono due aspetti in contrasto tra di loro, ma due dimensioni di un’unica realtà che si sviluppa progressivamente fino a raggiungere il suo apice nella pienezza dell’amore(M. V. n.20)
Il Piano di Lavoro si rivolge in prima battuta al singolo perchè prenda coscienza della dimensione etica della vita senza la quale non è possibile nessuna convivenza civile. L’attenzione tuttavia , come sempre in Rinascita Cristiana, è posta sia sulle virtù personali, poiché il prossimo è il rapporto più esplicito che abbiamo con la città, sia sui comportamenti collettivi che alimentano i fenomeni culturali virtuosi o devianti di cui tutti siamo testimoni e a volte complici. Per stare dentro l’agorà con discernimento, libertà, autonomia di giudizio e solidarietà è bene che ci rendiamoci conto che oggi prima ancora che i valori sono in gioco i processi culturali. E’ così che possiamo capire quel cambiamento di mentalità e quella conversione permanente a cui RC ci invita.


RINASCERE 1/2

Mirare lontano per vincere le nostre paure
di Francesca Sacchi Lodispoto

“Più di mille anni fa un ragazzo in un villaggio dello Sri Lanka si allenava tutte le sere a tirare frecce alle stelle. Tutti lo prendevano in giro. Un giorno si organizza in paese una gara di arcieri, il giovane vince la gara: si era allenato a tirare più lontano.” Dobbiamo allenarci a tirare alle stelle, così, quando saremo chiamati a confrontarci con le grandi forze che muovono la storia, saremo quelli che tirano più lontano.
Un altro racconto indiano dice: “all’alba, camminando in riva al mare, il vecchio vide una ragazza che raccoglieva stelle marine arenate sulla spiaggia e le gettava in acqua. Avvicinatosi le chiese perché lo facesse. Rispose che il sole cocente le avrebbe uccise. Il vecchio osservò che la spiaggia era lunga chilometri e c’erano milioni di stelle marine. “A che serve il tuo gesto?” esclamò perplesso. La ragazza guardò la stella marina che aveva in mano, la gettò in mare e disse: “Per questa serve…” Dobbiamo impegnarci tutti: la passività, l’indifferenza, il disimpegno non favoriranno alcuna svolta nella nostra storia e non eviteranno la catastrofe incombente. Dentro ciascuno di noi vi è un Don Chisciotte e un Sancio Panza, un sognatore ed un realista essi non sono in contraddizione. Ma attenzione alla fuga dalla realtà che spesso ci fa percepire noi stessi e il nostro mondo come degli assoluti.
Nel mondo accadono sempre più cose che sappiamo attendere soluzione o vendetta, ma la nostra capacità di agire, e in particolare ad agire efficacemente, sembra diminuire schiacciata dall’enormità dei problemi. Ogni giorno siamo spettatori impotenti di sofferenze, ingiustizie, morti di uomini donne e bambini innocenti: sono lì nelle nostre case eppure sono lontani, le loro immagini appaiono nei nostri salotti con spaventosa regolarità e ci fanno paura. La nostra società è spaventata e non riesce ad affrontare le sue paure in modo costruttivo, non ha più fiducia in se stessa e tutto ciò lo fa pagare alle generazioni più giovani. Troppo spesso abbiamo fallito nell’educazione dei più giovani e nel fare famiglia, ma la crisi della famiglia, della politica, della democrazia… del senso etico in una parola vengono da molto lontano e forse non ce ne eravamo accorti.
Guardiamo allora al nostro passato e riconciliamoci con esso perché la relazione non avviene solo ora con l’altro, ma anche nel tempo tra generazioni facendo nascere in loro il desiderio di conoscere il passato per capire meglio i drammi del presente.
Siamo informati ma siamo impotenti! Ma la realtà sta proprio così? Siamo veramente informati o possiamo andare più a fondo? È questo un “agire” inutile o è un “agire” costitutivo per vivere in pienezza la nostra condizione umana fatta di libertà e di responsabilità?
Anni di Rinascita Cristiana mi hanno convinto che non c’è possibilità di cambiamento senza andare a fondo alle situazioni, senza rimettere in discussione “verità” e certezze acquisite, aprendosi alla possibilità di “cambiare mentalità” e cultura. Non abbiamo consegnato a nessuno la nostra coscienza e la nostra capacità di discernimento, le vogliamo mettere ogni giorno in relazione con la Parola di Dio. Per fare questo però sono necessarie alcune virtù non molto commerciali oggi: il senso critico, la pazienza e la passione. Nel mondo attuale troppe strategie sono in atto per sopprimere il senso critico: vanno smascherate! Ed è questo il senso di molti articoli di questo numero di Rinascere.
ll regno dei cieli, ci dice il Vangelo, cresce nelle attività quotidiane, ha la forza del seme, del lievito, è un’azione piccola e costante capace di trasformare il mondo. Dobbiamo riscoprire la forza della tenacia, della fedeltà, dell’umiltà delle piccole azioni e il valore dei tempi lunghi nel cambiamento. Questo non appanna la nostra passione: la vita è a volte brutale, ma un grande amore e un grande ideale possono illuminarla e trasformala!Avremo dunque in questi tempi, ancor più che nel passato, valutazioni e scelte politiche differenti, ma saremo uniti dalla stessa tensione a rischiare per la vita, la stessa pazienza per divenire operatori di pace, con l’umiltà di iniziare dai piccoli gesti quotidiani possibili senza stancarci di capire e di guardare oltre i nostri piccoli e limitati orizzonti verso le stelle.

Questo articolo nasce dopo un lungo scambio di idee fatto nel Comitato di Redazione

 


RINASCERE 6

Un anno di operosa speranza
di Francesca Sacchi Lodispoto

Mai come in questo momento della nostra storia italiana la riflessione sulla città si è rivelata così urgente ed attuale: dai disastri del territorio e dai ricorrenti episodi di corruzione e malgoverno, alla infiltrazione capillare delle mafie e alla crisi della rappresentanza democratica. La sconfitta di politiche di buon governo alimenta una sfiducia crescente verso le istituzioni e genera un blackout di trasmissione di beni e valori alle nuove generazioni.
È necessario scoprire dentro questo panorama, fin troppo noto, i drammi esistenziali di tante persone e famiglie ed anche le nostre grandi e piccole difficoltà che non possono farci chiudere gli occhi e il cuore di fronte all’attuale situazione.
Ci vogliamo ricordare che l’impegno di Rinascita verso la convivenza civile nella città non risponde all’emergenza attuale ma fa parte, da sempre, del suo DNA. “Portatori della speranza di cristo inuna realtà in continua evoluzione (le persone di RC) si impegnano sullestrade del mondo e sulle frontiere dell’umanità per la costruzione di unasocietà più giusta, fraterna e solidale senza distinzione di razza, cultura ereligione. Convinti che la fedeltà a Dio significa aprire all’uomo modernola strada di un’autentica liberazione” (cfr. Premessa allo Statuto, 3).
Oggi nelle nostre città nascono, s’incontrano e si scontrano concezioni di vita, modi concreti di vivere e riferimenti etici assai diversi. Ciò che accade intorno a noi non è qualcosa di astratto; si tratta di situazioni in cui uomini e donne trascorrono concretamente le loro giornate; si tratta di luoghi e strutture che condizionano la loro dignità e libertà e spesso la loro sopravvivenza.
In questi luoghi siamo chiamati di persona a scoprire i germi di bene che ci sono e che non fanno notizia, ad assumere responsabilità nei confronti della speranza cristiana superando il disfattismo superficiale del “non c’è più nulla da fare”. È inutile passare all’azione senza un discernimento profondo di quanto avviene attorno a noi e dentro di noi. È più che mai necessario trovare nel gruppo motivazioni profonde e forza interiore se vogliamo giungere ad un agire calibrato sulle esigenze delle nostre città, che sappia incontrare le domande più urgenti e avvenga in collaborazione con realtà civili ed ecclesiali.
Gli ultimi drammatici avvenimenti parigini che hanno sconvolto l’Europa ci interrogano non solo sulla convivenza nelle nostre città di cui ci stiamo occupando, ma anche sui possibili percorsi di dialogo da intraprendere con le comunità islamiche presenti in Italia.
Non vogliamo che la paura e il giusto orrore per i fatti avvenuti ci spingano a ripiegarci in inutili chiusure e in semplificazioni dannose. Facciamo nostro l’invito che Papa Francesco ha rivolto a leaders religiosi, politici ed intellettuali, specialmente mussulmani, “a condannare qualsiasi interpretazione fondamentalista ed estremista della religione che giustifica la violenza”.

 


RINASCERE 5
Rinascita nella città:
incontro, dialogo e crescita
di Maria Grazia Fergnani

Questo titolo del Documento Programmatico, frutto della riflessione post-congresso del Comitato Consultivo e del Consiglio Nazionale, rappresenta in sintesi il mandato affidato al movimento per i prossimi due anni: lo sguardo non può spingersi più in là in questo tempo mutevole e provvisorio.
La consegna ai responsabili cittadini è stata fatta con una certa solennità nell’apertura del convegno di inizio anno: sullo sfondo di una simbolica “città delle città” costruita con edifici simbolo del passato e del presente, spiccava l’alta torre dell’Expo di Milano, segno ambiguo di una modernità che ci proietta in un futuro nel quale tutti siamo chiamati a fare la nostra parte.
Il documento non spiega come, né indica svolte da compiere per essere all’altezza di questo tempo di sfide che sfuggono al nostro controllo. E come è possibile in questo contesto di così grande complessità e incertezza? Nessuno è esentato dalla fatica di cercare strade nuove, la Chiesa stessa è oggi impegnata in questa ricerca. Il documento è una guida per le nostre domande e il nostro discernimento, un invito a continuare a cercare insieme agli altri e alla Chiesa, partendo dalla identità maturata negli ultimi anni, ad essere un seme di speranza cristiana piantato nelle nostre città.
Non una città astratta, ma la nostra città, in tutta la sua concretezza di spazi e di situazioni, di carenze e di opportunità e nella sua bellezza da riscoprire e proteggere, costituisce il tema del Piano di lavoro di quest’anno: oggetto di un’attenzione rinnovata, luogo in cui si rispecchiano le grandi trasformazioni in atto i cui effetti si ripercuotono nella vita delle persone.
Il nostro agire si è sempre inquadrato nella città. Nuovo è l’accento posto oggi sulla concretezza, sulla preminenza dell’agire sull’“eccesso diagnostico”, la richiesta di entrare dentro le realtà del territorio superando la vaghezza delle analisi generiche.
L’Evangelii Gaudium è il nostro riferimento, la parola-chiave: uscire (traduzione più laica della parola missione).

Uscire da se stessi
Prima di tutto uscire da noi stessi: questo è sempre il primo fondamentale cambiamento, la svolta vera da compiere. Uscire dai propri schemi, dalle disattenzione verso la realtà che ci circonda, dall’individualismo che viviamo a nostra insaputa, “dall’uomo vecchio per entrare nell’uomo nuovo del vangelo”. La novità è nello sguardo, che si esercita a “vedere” la realtà secondo un parametro di giudizio evangelico che orienta nelle scelte e apre prospettive di speranza (don Ivano Casaroli).

Uscire dal gruppo
C’è poi un uscire dal gruppo: non più solo luogo di formazione personale, ma comunità dinamica e aperta: agli altri gruppi, al movimento, all’accoglienza e all’ospitalità verso persone nuove; un gruppo che si offre come un dono, luogo di riflessione seria ma anche di amicizia e di condivisione di momenti di gioia e di serenità. Uscire dal gruppo per sentirsi parte del movimento e non una monade autosufficiente sganciata dalla comunità. Un gruppo che cerca le strade per dialogare con i giovani, spesso vittime inconsapevoli della cultura corrente dell’“individualismo parossistico” che genera solitudine, perdita di senso, sfaldamento dei legami e dei valori; spazio in cui le persone si aprono al trascendente (prof. Mauro Magatti).

Uscire dal Movimento
C’è infine un uscire dal movimento: per lavorare con gli altri, per contribuire anche come Rinascita a migliorare la nostra comunità cittadina. La risposta da dare alle crescenti povertà, la promozione dei diritti delle persone più fragili, la difesa dell’ambiente, l’uso delle risorse per il bene comune, l’educazione delle generazioni giovani sono alcuni degli ambiti in cui vale la pena impegnarsi.
Nella tavola rotonda hanno raccontato la loro esperienza alcuni amministratori locali, persone comuni che hanno deciso di “smuoversi dalla condizione di spettatori” per sporcarsi le mani, di uscire dal loro privato per mettersi al servizio della collettività, misurandosi con i limiti e le difficoltà che inevitabilmente si incontrano quando si vogliono cambiare le cose. Dalla loro testimonianza sono emerse realtà interessanti di cittadinanza attiva e partecipata, esempi di collaborazione fra istituzioni e cittadini organizzati che insieme hanno cercato soluzioni a problemi specifici del territorio.
La realtà è più complessa di quello che sembra; sotto la sua superficie si muovono correnti sotterranee che preparano il nuovo e di cui pochi si accorgono. Potremmo esserci anche noi tra questi costruttori invisibili.
Esiste da sempre una tensione fra la città ideale che incarna i valori cristiani e la città reale con le sue contraddizioni e ambivalenze, ha ricordato padre Ska parlando della città nella Bibbia. In questa distanza che oggi appare smisurata si colloca la nostra responsabilità di cittadini e di cristiani.
Quello che ci viene proposto è un programma per tutti, nessuno escluso, ha sottolineato più volte la nostra responsabile nazionale. Ci sarà chi ha le energie per agire concretamente, chi offrirà sostegno e accompagnamento al lavoro altrui, chi racconterà se stesso e la sua esperienza di fede e di vita e sarà disponibile ad ascoltare la storia raccontata da altri. Tutti possono contribuire a fare di Rinascita “una comunità di persone che condividono l’umanità, la ricerca dell’assoluto, la sosta rasserenante in cui si può vivere l’amicizia”, ha ribadito don Licio Prati. Tutti possono dare una mano a “costruire la città dell’incontro” come ci ha ricordato Serena Grechi.


RINASCERE 2
Rinascita si gioca il suo futuro
di Maria Grazia Fergnani

“Modificare la nostra presenza cristiana nella città. Qui sta la grande partita che Rinascita Cristiana dovrà giocarsi in futuro”.
Questo il nucleo centrale della riflessione di mons. Alessandro Plotti, invitato nel Comitato Consultivo di febbraio ad offrire un suo contributo su: “Una comunità cristiana che evangelizza: il compito dei laici”.
L’indicazione del Vescovo Emerito trova piena consonanza con la linea programmatica emersa dalla elaborazione del post-congresso. La città infatti è stata individuata come l’elemento di sintesi delle riflessioni e delle intuizioni scaturite dal congresso, l’ambito concreto che dovrà ispirare le scelte e gli obiettivi di RC nel prossimo futuro.

Mons. Plotti ha fatto spesso riferimento nel suo discorso al documento papale “Evangelii gaudium” nel quale la città viene presentata come uno dei luoghi privilegiati della nuova evangelizzazione. Non sorprende più di tanto la sintonia fra le esortazioni che vengono da voci così autorevoli della Chiesa e le scelte progettuali di RC. E’ il segno della nostra capacità di leggere e interpretare il nostro tempo (siamo maestri nell’osservazione diagnostica della realtà!), ma anche di saper cogliere ed esprimere le esigenze di rinnovamento della Chiesa.Nella profonda crisi di fede della società odierna R.C. può offrire una risposta, ha detto mons. Plotti, riscoprendo la sua originaria vocazione educativa verso una condizione sociale che altrimenti non sarebbe avvicinata da nessuno. “Persone che hanno cultura, un ruolo nella società e che pur essendo cristiane non andrebbero mai nelle parrocchie, chi le avvicina? Non si tratta di una scelta di classe, ma di un servizio offerto da gruppi particolarmente attrezzati”. La parrocchia fa un discorso generico, spesso per età, che non funziona più; inoltre serve quelli che la frequentano; le manca la missionarietà, “questo respiro col quale papa Francesco cerca di cambiare la Chiesa per renderla più aperta verso la città”.
Il grande compito oggi, di fronte alle sfide che ci stanno davanti, in primo luogo quella culturale e antropologica, è di far passare i grandi temi del messaggio cristiano. Non demonizzando il mondo ma amandolo, perché “il regno di Dio è dentro il mondo, è incarnato in un’unica storia che è la storia della salvezza”. Accogliere le sfide con rispetto e disponibilità, creare spazi dove affrontare il confronto dialettico, mettersi in ascolto, ma vero, degli interrogativi che vengono dalla società: queste le condizioni per un’evangelizzazione efficace.Per questo compito occorrono laici che non siano braccio secolare dell’autorità costituita e “non vedano l’evangelizzazione come strategia di conquista che porta ai valori non negoziabili”, ma che “senza perdere la loro identità, amino il mondo e si impegnino a costruire la città dell’uomo”.
Una comunità cristiana non può evangelizzare, ha aggiunto Plotti, se non incide sulla vita delle persone, se non accompagna coloro che ne fanno parte in tutti i loro processi , per quanto lunghi possano essere. “Mettere in comune le nostre vite, le nostre debolezze, i nostri dubbi, non per risolverli ma per condividerli”: questo significa fare comunità.E non è proprio questo che dovrebbero essere e che spesso sono i nostri gruppi? E’ questo diventare sempre più comunità che li qualifica, ha detto Plotti. Nella crisi di appartenenza in cui viviamo, i nostri gruppi possono essere dei “piccoli cenacoli dove, se c’è comunicazione profonda che unisce le persone, la comunione deborda e diventa evangelizzazione”. In un tempo in cui le persone non parlano, lo spazio domestico può diventare luogo di incontro, punto di riferimento, luogo in cui altre persone possono entrare e sentirsi coinvolte ad esprimersi senza timore.
In completa sintonia con questa visione di chiesa aperta al mondo, RC è impegnata a cercare nuove modalità di presenza cristiana e in questa prospettiva intende per il futuro mettere decisamente al centro del suo progetto la dimensione comunitaria. Non potremo più sentirci tranquilli d’ora in poi se vivremo il gruppo come una nicchia autoreferenziale. Ci sono il movimento, la chiesa, la città là fuori! E non solo come idea, ma come persone da incontrare, situazioni concrete da conoscere e da sostenere o da cambiare. Non a caso il nostro è un movimento cittadino (non diocesano), ha sottolineato don Ivano: “siamo nella città, è la città che ci permette di vivere; dobbiamo prendere coscienza del complesso di relazioni dentro cui siamo, educarci alla partecipazione e costruire la comunità cristiana nella relazione con la città”.


RINASCERE 1
Trasmettere la fede in Rinascita
di Serena Velona Grechi

Colgo l’occasione per farmi conoscere da tutti voi amici di Rinascita e per far conoscere i nostri progetti futuri. Vorrei che questo anno ci aiutasse non tanto a trasmettere la fede a quelle persone che ci sono vicine, che vivono con noi, nel nostro stesso ambiente, ma che ci aiutasse, soprattutto, a “generare” la fede intorno a noi.
La cosa è diversa: trasmettere la fede presuppone indicatori comuni, che noi non abbiamo più, perché la cultura è cambiata, l’uomo è cambiato. Abbiamo dovuto ammettere, come è emerso dalle relazioni dei nostri esperti al Congresso di Assisi, che il mondo che ci circonda non è un mondo semplice; in esso noi spesso non ci riconosciamo e di esso, spesso, smarriamo la chiave per decodificarlo.
La nostra realtà oggi è improntata da una forte individualizzazione; vediamo però che le persone intorno a noi, pur essendo di disparate appartenenze, hanno comunque esperienze che segnano, che privilegiano o desiderano la relazione e il desiderio di credere appare molto forte; siamo dunque noi che non riusciamo a intercettare i loro bisogni.
Ci è stato detto che questo accade, perché non riusciamo a guardare questa realtà da un’altra prospettiva. Bene facciamolo, proviamoci, facciamo nelle nostre città le “prove di futuro” che riteniamo più idonee. Personalmente sono pronta a incontrare tutti voi intorno ad un tavolo per la promozione del nostro essere cristiani, per lavorare insieme nelle realtà cittadine di ciascuno di voi.
Credo che sia possibile ‘generare’ la fede intorno a noi lì dove incontriamo l’altro, lì dove ci relazioniamo con chi apparentemente è distante, cercando di usare nuovi linguaggi, ma anche interpretando la mancanza di un linguaggio comune. A quella ‘afasia’, come è stato detto, contraddistingue spesso i nostri rapporti con l’altro, possiamo rimediare, con la presenza vicina, presenza che accompagna, interpreta i silenzi, capisce le esigenze, presenza che ‘genera’ alla fine compartecipazione.
Dobbiamo accogliere e accettare le persone con cui veniamo in contatto per quello che sono, non per come noi le vorremmo, come Gesù ha fatto, solo così avremo la possibilità di fare un percorso insieme, solo così riusciremo a essere luoghi di confronto e punti di riferimento. Mettiamoci dunque in ascolto dell’altro, del diverso, del giovane, dell’anziano, del profugo! Facciamoci presenza, presenza attiva, compartecipativa dei problemi degli altri.
Questo, nel nostro linguaggio cristiano, si chiama carità. Mettiamoci in ricerca perché questa carità ci avvolga, inondi di amore i nostri cuori per essere pronti a “generare” ciò di cui il nostro mondo ha bisogno!
In poche parole dobbiamo portare fuori dai nostri gruppi la concretezza del Vangelo. Ci eserciteremo a leggere il presente per poter immaginare un futuro migliore; il nostro motto sarà formazione a essere gruppo, formazione ed educazione alla responsabilità, formazione alla dimensione della convivenza e del vivere civile. Seguiremo percorsi che educhino noi e i nostri figli alla pace, faremo tesoro di forti alleanze dove le differenze diventano ricchezza e non motivo di battaglie.
Definirei questa una tappa di pre-evangelizzazione, andremo avanti per prove ed errori, ma sbagliando si impara e noi faremo tesoro dei nostri errori. L’importante è non lasciarsi abbattere e credere fermamente che tutto questo può essere realizzato se solo noi lo vogliamo. Questo è l’unico modo che abbiamo per costruire il futuro, per affermare e rilanciare un quadro positivo dei valori umani e civili, incentrato sulla persona nella più ampia visione e concezione antropologica moderna e laica, aperta alle molteplici sensibilità culturali e spirituali di cui sono capaci i tempi che viviamo.


RINASCERE 6
Assisi alla prova dei fatti
di Licio Prati

Il congresso nazionale non solo ha celebrato degnamente 70 anni di vita di Rinascita Cristiana, ma è stato per tutti un grande momento di gioia, di amicizia, di speranza e senso di appartenenza. Il numero delle persone, circa 550, la qualità della partecipazione hanno ancora una volta fatto toccare con mano la serietà e l’impegno delle persone di RC. Una serietà che viene da lontano, dall’esercizio costante di discernimento fatto nel gruppo di appartenenza; un gruppo che sicuramente vive ed esercita l’amicizia e la comunione.
Troverete in questo numero le sintesi dei laboratori da cui emergono indicazioni di vie qualche volta esplorate da alcuni, ma ancora da percorrere dall’insieme del movimento. Esse sono il potenziamento della dimensione cittadina più che di gruppo, il legame con il territorio, una conoscenza più diretta delle situazioni e la voglia di concretezza per essere presenti e lavorare nei luoghi in cui si esercita la cittadinanza, si contribuisce a formare l’opinione pubblica per un cambiamento di mentalità e cultura che sia collettivo e non solo personale.
D’altra parte il compito principale di RC è proprio quell’evangelizzazione della cultura come ci viene indicata da Gaudium et Spes e da Evangelii Nuntiandi nn. 18 e 19 per sanare la “frattura tra fede e vita che è il dramma del nostro tempo”. Sappiamo bene che se il rinnovamento non parte dal cuore e dalla mentalità non ci saranno mai strutture che possono generare reali cambiamenti.
Fin qui il congresso. Ora ci aspetta un seguito operativo perché il senso di appartenenza forte non si trasformi in un nido caldo, rassicurante, ma sia piuttosto la base di lancio per trasmettere fede e vita a livelli sempre più larghi: dal gruppo ai gruppi, alla città, al territorio, all’ambiente di vita e di lavoro.
Occorre allora apprendere a narrare il proprio vissuto: ognuno di noi ha esperienze significative. Bisogna far emergere dal vissuto di RC, e dal proprio, un vissuto che sia comunicativo di senso per gli altri. Tu ed io, insieme, possiamo narrare un nuovo modo di essere. Forse per fare questo il metodo vissuto oggi nel gruppo non è sufficiente: troppo lo spazio che diamo ad analisi della realtà che di fatto già conosciamo, senza scavare, come ci ha suggerito Franco Garelli, dentro “il nuovo che sta emergendo”, senza ricercare il significato nascosto di ciò che succede.
Vogliamo raccogliere il messaggio che ci viene dal Congresso e capire il nuovo che nasce nell’incontro e dall’incontro con le nuove generazioni. Narrandoci a vicenda la propria esperienza non potremmo mai più pensare in termini di torto e ragione, ma troveremo piuttosto valori e motivazioni comuni che sostengono le nostre azioni.
L’anno che abbiamo davanti è quindi ancora “l’anno del Congresso”, perché i nostri laboratori continueranno in esperimenti (RC alla prova), iniziative e modalità di lavoro nuove, cercando nelle situazioni di vita il contributo, il dono, il carisma personale da mettere insieme per un futuro da costruire.
Tutto ciò, secondo lo stile di Rinascita, non nasce dall’alto, ma dal basso e si può realizzare se il Movimento nel suo insieme sostiene la voglia di futuro nata al Congresso.
In questo momento è importante provare, sperimentare, ri-provare. E’ tempo di semina non di mietitura. Ogni generazione ha un tempo nuovo davanti a sé e ciò che tentiamo oggi non è mai identico a ciò che si è provato a fare nel passato. Oggi, ci direbbe Gesù, è il tempo opportuno!
In pratica tutte le tematiche uscite dal Congresso sono vitali e possono essere portate avanti con e per le nuove generazioni: la convivenza nelle nostre città, i problemi che nascono dall’economia e dalla finanza, la scommessa sulla persona e sul suo futuro.
Con questi sentimenti accogliamo in questo momento dell’anno il ricordo di Gesù che nasce e raccontiamo ai figli e ai nipoti la novità assoluta e la gioia di quel messaggio “oggi è nato per voi il Salvatore!”


RINASCERE 3
Memoria e prove di futuro
di Francesca Sacchi Lodispoto

Celebrare la memoria per progettare il futuro è ciò che caratterizza la fede del cristiano: ogni domenica infatti facciamo memoria dell’evento fondante la nostra fede.
Ma se guardiamo la nostra società e la storia recente del nostro paese sembra che, in questo primo decennio del nuovo millennio, la memoria non abbia più posto, non serva più.
Con la perdita della memoria cresce anche l’incertezza del futuro e l’incapacità di progettare: viviamo in un eterno presente in cui racchiudiamo il nostro desiderio di felicità.
Un tale stile di vita impedisce alle persone di vivere la propria esistenza come una storia da interpretare e narrare.
Il Congresso nazionale sarà quindi un evento in controtendenza! Vogliamo celebrare e raccontare le nostre origini, il momento dello “stato nascente”, dell’innamoramento di tante persone giovani per un sogno possibile, quello di annunciare Cristo in un contesto difficile e vivere la speranza cristiana in un ambiente tradizionale e certamente non dedito alle avventure spirituali.
Faremo memoria dunque, ma solo per un tempo breve; tutto il resto del Congresso sarà dedicato alla possibilità di progettare il futuro. Un futuro difficile ma possibile per il nostro paese, per i nostri figli e nipoti, per la nostra chiesa e per il nostro movimento.
Nel libro del Deuteronomio, il libro della memoria per eccellenza leggiamo:“Quando tu sari entrato nella terra promessa dirai”. È Dio che suggerisce le parole e invita a guardare al futuro non come una terra conquistata, ma come un suo dono. Dio dona la terra e noi la lavoriamo: il suo progetto si unisce alla nostra responsabilità. È questo il futuro per il quale siamo chiamati a lavorare non solo per noi ma anche per chi è senza terra, senza patria, senza pace, senza lavoro, senza futuro.
Ricordiamo che il cuore pulsante di Rinascita Cristiana è la fede, la voglia di crescere insieme come popolo di Dio e condividere con tutti le prove di futuro che stiamo vivendo.
Con questo “sogno nel cuore”, come titola il libro della nostra storia, e con la preghiera che ci accompagnerà per tutta l’estate ci incamminiamo vero Assisi.


RINASCERE 2 - 2013

CONGRESSO: un evento che apra al futuro
di Elvira Orzalesi e Licio Prati

 

La speranza no, non muore / brilla ancora il sole in ciel / soffio vivo ci sospinge… Così cantavamo al Congresso di Rimini … festeggiando i cinquanta anni di RC.

Uno sguardo di speranza verso il mondo e la storia è sempre stato l’aspetto più caratteristico e profondo della spiritualità di Rinascita.

Fin dalle origini le persone che hanno formato i primi gruppi in un contesto ben più difficile dell’attuale, hanno camminato con coraggio e operosità verso il Regno annunciato da Cristo. Un Regno non condizionato dagli orrori della guerra, dalle perdite, dalle macerie di ogni tipo, dalle divisioni, ma basato sulla fiducia nella fedeltà di Dio che sempre e da sempre prepara bontà e bellezza per i suoi figli, per tutta l’umanità.

E questa certezza non è solo un fatto sentimentale che ci consola nelle difficoltà della vita, ma è basata sulla fede in Cristo, Signore della storia: si traduce in impegno quotidiano, sacrificio, lotta, novità di vita.

LA NOVITA’ DELLA PASQUA

Cristo, morto e risorto, è l’uomo nuovo. Il cristiano ha tutte le potenzialità di essere uomo nuovo. Pasqua ce lo ricorda e ci invita a farlo emergere con forza, con gioia e con fiducia. Uomo nuovo non significa solo ricominciare da capo, ma dare vita, volto a qualcosa di completamente inedito e che è nascosto, depositato in ogni persona che crede in Gesù. L’inedito non viene da noi. Può venire solo da Dio. Solo lui può rigenerarci, farci come nascere di nuovo ma ad un livello altissimo, al suo livello. Se non siamo convinti di questo possiamo invocare pulizia ma non per questo divenire puliti. Possiamo sentire il bisogno di rigenerazione, ma ben sappiamo che nessuno si genera da solo. Noi cristiani viviamo questo nostro tempo, ma non siamo figli di questo tempo: siamo invece figli di Dio. Lo siamo dal giorno del nostro battesimo; in quel giorno è iniziata la nostra Pasqua. E’ facile dimenticarlo e condurre un modo di vita sintonizzato su una mentalità, una sensibilità, un pensare che è completamente estraneo e spesso di segno contrario all’imprinting, al DNA divino con cui siamo stati generati. Questo vale per la chiesa nel suo insieme, ma anche per ogni credente. Solo l’assunzione personale delle nostre responsabilità con una fede seria e condivisa con gli altri ci autorizza, al di là di ogni desiderio, a sperare in un mondo rinnovato e a credere – nonostante tutto - che davanti a tutti e per tutti si spalancano le porte di una pasqua di risurrezione. Ce lo ha detto il nostro Dio già attraverso il profeta Ezechiele: “Vi farò uscire dai vostri sepolcri e vi farò rivivere o popolo mio!”

Ci pare che Benedetto XVI (con la sua attenzione alla crisi dell’Occidente) e Francesco, (con nel cuore le voci delle nuove chiese e dei poveri) ci chiedano di riflettere su tutto ciò.

IL NOSTRO TEMPO

Viviamo certamente un tempo di trapasso e grandi cambiamenti, ma ci sono segnali di nuove possibilità, di cambiamenti positivi. La storia ci ricorda che il cambiamento è sempre possibile, ghe sogni e progetti apparentemente impossibili possono realizzarsi, perché il vangelo ha una sua forza intrinseca di ringiovanimento della persone e delle strutture, ci libera da schemi fissi o superati e ci apre alla novità.

La lettera ai Galati che stiamo approfondendo nella meditazione ci ricorda che è dalla fede in Cristo che nasce la nostra libertà, non da segni e appartenenze esteriori, e che essenzialmente si esprime nell’amore e nel servizio reciproco. Una libertà quindi che sa imboccare strade nuove e più adatte per arrivare al cuore degli uomini.

Con questa convinzione Rinascita Cristiana ha sempre guardato con interesse al nuovo che sorge, non per inseguire mode, ma per discernere i segni dei tempi e seguire nel succedersi degli eventi storici i passi dello Spirito.

IL CONGRESSO NAZIONALE

Sempre i Congressi nazionali hanno segnato le tappe del lungo cammino di RC e ogni volta hanno dato al Movimento slancio e vigore e aperto la strada al cambiamento.

Questo ci aspettiamo tutti dal Congresso di Assisi!

Tempi nuovi richiedono coraggio profetico, rinnovamento interiore e di vita delle persone e dell’organizzazione del Movimento. Nel difficile rapporto tra generazioni che la nostra società sta sperimentando RC è chiamata a dare una “prova di futuro” mettendosi al passo con le esigenze e i linguaggi dei più giovani, aprendosi sempre più alla solidarietà internazionale. Ad Assisi ricorderemo e festeggeremo anche i cinquanta anni del Miamsi di cui siamo stati, con l’ ACI francese, fondatori.

 


RINASCERE 1 - 2013
Per ricominciare - due appuntamenti

di Licio Prati e Francesca Sacchi Lodispoto Questo anno appena iniziato ci chiede qualcosa di più: un supplemento d’anima, una mentalità nuova. Per ricominciare. Da dove? Non abbiamo già abbastanza problemi e difficoltà con la famiglia, il lavoro, con i conti che non tornano mai? Ricominciare a costruirci una esistenza dignitosa e una vita serena è possibile. Ma questo lo dobbiamo volere per tutti; non solo per noi. E la china da risalire è quella di pensarci parte di una grande comunità: la società civile del nostro paese e la famiglia umana.

Bando quindi a chiusure mentali, alla difesa spietata dei propri privilegi e interessi, alla dimenticanza dei più deboli. Dignità e serenità della vita in una società nascono solo da una solidarietà diffusa, da una ricerca del bene comune nel contesto di leggi e istituzioni giuste. Così come abbiamo scoperto a nostre spese che il verbo “lavorare” è più importante del verbo “consumare” abbiamo anche capito che non ci sono “uomini della provvidenza”. Caso mai ci sono volpi e lupi travestiti da agnelli. Sta a noi riconoscerli.
Oggi va riscoperta – essendo sparita dal nostro vocabolario – la parola “partecipazione”: alla vita pubblica, alla politica, alla comunità ecclesiale. Siamo parte di una umanità che non va confusa con gli amici di face book o con i volti delle fiction e degli spot televisivi. Il mondo non è solo pieno di problemi o di guai ma è abitato da persone concrete che soffrono: poveri, disoccupati, vittime di chi è violento e ingannatore, di chi gioca con la finanza o con la politica. E – forse, forse - nessuno di noi è il centro del mondo anche se pensa di esserlo.
Ricominciare allora dal sentirci parte di una vita e di una storia che procedono di generazione in generazione. Ogni generazione ha beni e insegnamenti da consegnare alla generazione futura. Questo comporta capacità di memoria e di riconoscimento che se siamo qualcosa lo dobbiamo a chi c’è stato prima di noi. Ciò significa anche che abbiamo una responsabilità verso chi viene dopo di noi: non basta essere “preoccupati” per il futuro dei figli. E’ necessario “occuparci” del futuro non solo dei figli nostri, ma di tutti i giovani. Ed anche avere fiducia in loro e saper dare loro spazio.
Due avventure per ora ci sono davanti: la prima andremo a viverla come elettori il 24-25 febbraio, la seconda il prossimo ottobre quando celebreremo i nostri 70 anni di vita e porteremo a compimento le “prove di futuro” iniziate in questo anno di lavoro in RC.
Anche se sconsolati dalla politica siamo un popolo capace di sacrifici e di sopravvivere. Senza rassegnazione dobbiamo riconoscere che il futuro saremo ancora una volta noi a scriverlo tutto intero non tirarandoci indietro, non restando a casa.
Alla democrazia, occorrono doti di resistenza! Giorno dopo giorno, con senso critico e opinioni personali. La scelta, sicuramente difficile, è affidata alla nostra coscienza civica e alla nostra sensibilità cristiana.
Anche la politica, è “un modo di credere”, un’esistenza come ricerca appassionata, ma anche faticosa, di una fede continuamente segnata dal dubbio, guardando alle quotidianità del vivere, esigenti a pretendere una qualità umana reale e un’alta statura etica negli ispiratori d’avvenire del Paese.
“Uscire all’aperto: prove di futuro” è il titolo del nostro Piano di lavoro, ma soprattutto è la meta verso cui tendiamo, il Congresso nazionale, e lo stile con cui vogliamo prepararlo. Guardando al futuro celebreremo 70 anni di vita, di impegno, di attenzione ai cambiamenti, di aderenza alle sfide della storia, di conversione e di fede vissuta e sofferta di tutti e di ciascuno di noi di RC.
Ricorderemo chi, in tempi difficili, come e forse più di oggi, ha aperto per noi la strada di una fede vivificata dalla Parola e dalla revisione di vita; chi ci ha lasciato con autentiche testimonianze di santità nascosta e vissuta con leggerezza; chi continua con costanza e amore nel suo impegno di evangelizzazione. Accoglieremo chi più giovane ha deciso in questi ultimi anni di fare un pezzo di strada con noi e a cui con fiducia e speranza affidiamo Rinascita Cristiana.
Le prove di futuro iniziano da oggi con il lavoro fatto seriamente nel gruppo, con l’impegno a partecipare e collaborare, con la giornata di preghiera, autofinananziamento e sensibilizzazione del 3 febbraio prossimo, con la volontà di condividere la missione di RC e con il riscoprire un senso più profondo e vivo di appartenenza al Movimento.

RINASCERE 5 - 2012
Dire: io credo!
Padre Licio Prati

Abbiamo davanti a noi un anno particolarmente significativo: l'11 ottobre abbiamo ricordato il cinquantesimo dell'inizio del Concilio Vaticano II; per celebrare questo evento Benedetto XVI ha indetto un Anno della fede che dall'11 ottobre 2012 si prolungherà fino al 24 novembre 2013, un mese dopo il nostro Congresso nazionale (18-20 ottobre 2013) quando ad Assisi celebreremo i 70 anni di vita e di impegno di Rinascita Cristiana. In questo mese di ottobre si svolge anche il Sinodo dei Vescovi sulla nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana (7-28 ottobre 2012).

I tempi in cui viviamo pongono serie domande e grandi sfide ai cristiani: E’ tempo di svegliarsi dal sonno. Ce lo dicono gli eventi che le comunità cristiane vogliono vivere quest’anno. L’11 ottobre del 1962 iniziava il Concilio Ecumenico Vaticano II. Sono trascorsi cinquant’anni da allora e c’è ancora molta strada da fare. Ora tutta la chiesa vuol ripartire da ciò che caratterizza ognuno di noi battezzati: la fede in Cristo Gesù. Lo fa vivendo il 2013 come l’anno “giubilare” della fede. Il papa solennemente lo dichiarerà aperto l’11 ottobre. E Rinascita Cristiana in questo contesto ecclesiale si avvia a celebrare i settant’anni del suo impegno di evangelizzazione. ognuno di noi è invitato a chiedersi: ma io credo veramente in Cristo Gesù? sono sicuro di essere veramente “adulto nella fede”? E allora…

… Dire la fede dal profondo del cuore, con entusiasmo e intelligenza. Dirla, dunque, con le parole e con il modo evangelico di vivere. E’ una questione squisitamente personale. La fede in Cristo Gesù è la porta che mi permette di avere accesso a Dio con sicurezza e fiducia e di essere in grado di ricevere i suoi doni: la sua grazia, lo Spirito Santo, l’essere figli di Dio, la speranza della vita eterna.

… Dire la fede nella chiesa insieme a tutti i credenti. Nel bene e nel male la chiesa è la nostra famiglia: in essa siamo nati alla vita di Dio. Sarà sempre più bella se ognuno di noi darà il meglio di se stesso nella fede e nella vita. E’ il popolo di Dio di cui siamo fieri di far parte. Da questo popolo riceviamo il vangelo, in questo popolo siamo riconciliati con Dio e siamo nutriti con il pane eucaristico. Senza la comunità dei credenti discepoli di Cristo non saremmo e non avremmo nulla…. E abbiamo bisogno di riscoprire la fondamentale dimensione comunitaria dell’essere cristiani.

… Dire la fede in mezzo al mondo. Come cristiani non siamo né contro il mondo né di fronte al mondo. Siamo semplicemente – come dice Gesù – “nel mondo ma non del mondo”. Solo se c’è in noi consapevolezza di fede potremo vedere gli eventi grandi e piccoli della storia come luogo abitato da Dio. Solo se c’è in noi la gioia di sentirsi figli di Dio salvati e liberi saremo messaggeri credibili dell’amore con cui Egli ama tutti gli uomini e le donne anche di questo nostro tempo contorto e difficile. E risuoneranno ancora una volta cariche di speranza per noi e per il mondo intero le celebri e tuttavia spesso dimenticate affermazioni del Concilio:

“Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce e le tristezze degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore. La loro comunità, infatti, è composta di uomini i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il regno del Padre, ed hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti. Perciò la comunità cristiana si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia” (Gaudium et spes, 1).


RINASCERE 2/3 - 2012
Congresso nazionale - Un cammino che inizia
Francesca Sacchi Lodispoto

Il Consiglio nazionale nella sua riunione del 4-6 maggio
ha preso decisioni in ordine al Congresso nazionale
e al prossimo Piano di lavoro che ne sarà la immediata preparazione


Non viviamo solo in un’epoca di cambiamenti e di crisi economica, ma piuttosto ci troviamo a vivere in un cambiamento di epoca, E’ in crisi l’idea di progresso, la fiducia nella tecnica, il futuro fa paura. E’ un epoca di domande più che di risposte, è necessario fermarci per capire che uomini siamo, cosa è bene, chi è il soggetto della storia. La parola equità è riemersa nell’agenda politica. Torna alla ribalta la riflessione sull’uomo, sulla speranza, sulla possibilità di nuovi e alternativi stili di vita. Ma poiché la fede è virtù essenziale in tempi senza certezze ed è alla base della nostra riflessione sull’intrinseca bontà del mondo e sulle possibilità positive dell’uomo, il Consiglio Nazionale ha scelto di mettere a tema nel prossimo Piano di Lavoro la riflessione sull’uomo e sulla fede. Un tema che ci riporta alle origini del nostro Movimento, nato in un tempo di guerra e smarrimento, e al suo carisma di evangelizzazione.

Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito,
quello che abbiamo veduto con i nostri occhi,
quello che contemplammo e che le nostre mani
toccarono del Verbo della vita, noi ne diamo testimonianza... (1 Gv 1,1)

Il congresso nazionale verrà celebrato ad Assisi il 18-20 ottobre 2013 esattamente70 anni dopo l’inizio del primo gruppo di RC a Roma il 19 ottobre 1943 e certamente sarà caratterizzato dalla testimonianza di una lunga esperienza di vita e di fede delle generazioni che si sono succedute in RC nel desiderio di trasmettere ai fratelli l’annuncio di Cristo, il Verbo della vita. Personalmente ciascuno di noi, indipendentemente dalla sua età e situazione di vita, riscoprirà non solo il senso di appartenenza al movimento, ma alla intera famiglia umana. Ci sentiremo parte di una storia, di una civiltà, di un pianeta che ci è affidato e insieme faremo crescere in noi la fiducia negli altri e nel regno di Dio.
Come all'inizio anche oggi
innamorarsi di un progetto comune

Celebrare i 70 anni ma soprattutto lanciare il Movimento negli anni futuri. Per questo ad Assisi vogliamo innamorarci di un progetto comune, un sogno da vivere insieme, una chiamata a collaborare con tutti alla realizzazione del Regno. C’è un progetto grande che nasce da Dio: la comunione, la gioia e la pienezza di vita che si è fatta visibile in Gesù di Nazareth.
Il Congresso ci permetterà, attraverso la lettura dei segni dei tempi e il discernimento comunitario, di riconoscere la Vita, Gesù risorto, dove si manifesta, di collegare il tempo con l’eterno e capire che il piano eterno di Dio è sempre a nostro vantaggio e ci illumina nel cammino quotidiano.


RINASCERE 1 -2012
Cristiani in tempo di crisi
Hribal - Mambelli - Sacchi Lodispoto

L'economista J.L. Schumpeter (1883-1950), ha parlato, a proposito di crisi economiche e in particolare di quella epocale e sempre richiamata del 1929, di “distruzione creativa”. L'espressione, che ha una sua innegabile crudezza, e la teoria che essa riassume, sono state oggetto di discussioni e critiche ormai per quasi un secolo e qui non è certamente il caso di addentrarsi nel dibattito.
Potremmo però cercare di applicare il concetto a un ambito non economico, ricordando anche che il termine, dal greco, significa originariamente “ scelta, decisione” anche se l'uso ne ha determinato un'accezione sempre più negativa. Le crisi, in altre parole, possono essere viste come opportunità: di riflessione, di innovazione, di liberazione dalle zavorre, in ultima analisi, di crescita. Se cogliere questo aspetto certamente non è facile per chi della crisi economica avverta il bruciore sulla sua pelle, potrebbe essere invece opportuno, e perfino doveroso richiamarlo in una prospettiva più ampia. Continuiamo a ripeterci che la crisi non è soltanto economica ma morale, culturale e sociale ed è proprio qui che potremmo utilizzare il concetto di “distruzione creativa”. Da che cosa questa crisi può aiutare a liberarsi, da quali atteggiamenti mentali e pratici, da quali abitudini e riflessi condizionati potrebbe essere utile prendere le distanze?
Direi, prima di tutto, dalla paura. Sappiamo che il domani si prospetta, sotto il profilo economico, meno sicuro dell'oggi. Ma è soltanto la sicurezza economica quello che ci interessa? Non ci siamo invitati per anni alla essenzialità? E adesso che questa può venirci, in qualche misura, imposta, perché ne abbiamo tanta paura? Non si tratta di riesumare un ottimismo di facciata, che ha già fatto dei danni, ma di cercar di guardare con serenità a un presente e a un futuro, in cui sì, saremo forse più poveri, ma resteremo comunque meno poveri di tanti.
Se guardiamo ai lavoratori immigrati, con cui per tante ragioni veniamo a contatto, non possiamo non accorgerci che il loro atteggiamento è assai meno ansioso e pessimista del nostro. E' ovvio, chi ha più da perdere teme la perdita molto di più di chi ha da perdere poco ( MT. 19,22 “ Udito questo, il giovane se ne andò triste, perché aveva molti beni”). Ma il fatto che sia ovvio non vuol dire che sia anche cristiano.
Come Giacobbe (Gn 32,23-32) ci troviamo quindi al guado di un cambiamento epocale poiché sentiamo che è in crisi la nostra democrazia e sono in crisi i partiti che ne sono l’espressione; è in crisi il mondo del lavoro così come l’abbiamo vissuto; è in crisi la famiglia o almeno quel modello in cui siamo cresciuti; in definitiva è in crisi l’uomo prima ancora che il cristiano.
Ma come Giacobbe al guado dello Yabbok possiamo pensare che al di là del fiume ci sia o il nemico o il fratello: non lo sappiamo, sta a noi rischiare e decidere se traversare e cercare il nuovo che nasce o restare divenendo anche noi una “casta” chiusa nei suoi piccoli privilegi.
E’ tempo di liberarci di una visione della vita in cui tutto ruota intorno alle nostre esigenze. Perché l'impoverimento di una società non ne determini anche l'imbarbarimento, cosa che purtroppo può succedere, forse è proprio da qui che bisogna partire. Chi ha vissuto la seconda guerra mondiale ricorda spesso che, malgrado tanti episodi di ferocia e crudeltà, esisteva una solidarietà immediata e quasi istintiva che sosteneva nella difficile vita quotidiana.
E’ tempo per un'assunzione di responsabilità collettiva. Invece di coltivare sterili sensi di colpa planetari potremmo impegnarci a condividere con chi ci sta accanto uno sforzo di ricostruzione. Questa crisi potrebbe aiutarci a distruggere la nostra presunzione di innocenza.
Se il mondo che abitiamo ci piace poco siamo pur sempre noi che abbiamo contribuito a costruirlo e, se siamo onesti, riconosciamo che è pur sempre il mondo in cui vogliamo continuare ad abitare.
Non è certamente il leibniziano “migliore dei mondi possibili”, ma un mondo migliorabile, forse grazie anche a una crisi che può aiutarci a scegliere modi di vita diversi, a decidere di cambiare, a crescere.
E’ tempo di ragionare per il bene di tutti, di guardare alla crisi dal punto di vista degli altri e dare un addio alla cultura che ci ha dominato nell’ultimo periodo della nostra storia. E questo vale per ciascuno di noi, per le categorie sociali, per le nazioni.
Passare il guado, metafora del momento storico, è possibile allora stando attenti al senso delle parole e alla responsabilità che comportano in modo che ogni decisione abbia una valenza educativa e di testimonianza. Ogni passaggio comporta una sofferenza, uno sforzo e come cristiani siamo certi che dopo ogni morte c’è una rinascita a vita nuova. La nostra speranza è in Cristo Risorto, signore della storia. La quaresima che abbiamo davanti è il tempo opportuno che ci viene offerto per fare spazio dentro di noi alla novità della Pasqua.