Catania - Gruppo di Maria Indelicato

Personalmente ho sempre collegato le meditazioni all'inchiesta. L'11 giugno il nostro gruppo si è riunito per l'ultima volta quest'anno. Abbiamo affrontato l'inchiesta al n. 1 e 2 di pagina 34 del Piano di Lavoro.

  • Analizzando le tante guerre in corso, i trattati tra le potenze, le organizzazioni internazionali, la corsa alle armi, il ruolo delle religioni ci chiediamo
  • Quali sono le nostre reazioni? Come le motiviamo?

Se ci sentiamo cristiani, siamo contrari alle guerre. Siamo contrari soprattutto a quelle che ci coinvolgono, le motivazioni sono connesse ad atti di violenza, come l'invasione di un Paese, violenza per disparità economica (come nelle Colonie), violenza sui diritti umani per fraintesi privilegi spesso pseudoreligiosi.
Le opinioni conformi alle nostre sono poche, sono molte quelle di preposizionamento politico e tante quelle che coinvolgono apparentemente ma che sostanzialmente sono indifferenti.
Spesso per indolenza le nostre fonti di informazione si vanno riducendo ai giornali radio o televisivi e dibattiti, sempre in tv. Si ha la sensazione che questi dibattiti siano preconfezionati.

Al punto 2
Riprendendo il Piano di Lavoro appena terminato “Una fraternità possibile” chiediamoci come contribuire con le nostre scelte alla costruzione della pace attraverso: la cura dell'ambiente; la relazione e la coesione sociale; il superamento delle disuguaglianze; il rispetto della dignità della persona.
Ci si deve prendere cura, prima di tutto, dell'ambiente in cui viviamo.
Come si può intervenire per superare le disuguaglianze? Facendo volontariato, sostenendo con aiuti, se è possibile, accogliendo ed esprimendo la nostra opinione.
Si è sempre contrari alle guerre. La nostra forza è molto limitata.  Come singoli non si trovano soluzioni.
I media sono attendibili? In televisione dovremmo sentire le varie opinioni e magari discuterne in famiglia.
Per creare relazioni con gli altri, bisogna innanzitutto venirci incontro, spianare le divergenze. Così si può arrivare alla tranquillità interiore.
Il rispetto della dignità delle persone riguarda tutti, da qualsiasi zona del mondo provengano.
Pare che le fonti d'informazione sano in mano al governo. Fino a 5 anni fa si condannava il governo ucraino perché massacrava l'etnia russa; la Nato diceva che non si sarebbe mai allargata. Ricordiamoci cosa successe in USA quando non vollero i russi a Cuba.
Oggi a chi conviene questa guerra? Quando si sono fatti saltare i gasdotti, è l'America che ne ha avuto un vantaggio. Compriamo più caro il gas della Russia, solo che passa da Cipro.
Da soli siamo impotenti ma possiamo chiedere che ai confini con la Russia ci sia l'ONU.
Le mine anti uomo si producono in Italia. Il MUOS c'è solo in tre parti del mondo: a Nicosia, in USA e nelle Filippine. Quando sui giornali si parla con trionfo dell'accordo dell'Europa con la Tunisia sui migranti, bisogna capire cosa c'è sotto. La Tunisia vuole soldi a fondo perduto.
Noi facciamo attenzione alla forma esteriore, all'apparenza. Siamo diventati parte attiva in questo conflitto. Ciò fa volare il PIL e l'inflazione. Gli aiuti all'Ucraina hanno scopi poco nobili. Si stanno già spartendo la ricostruzione.
Il rispetto è alla basa del rapporto con l'altro. Come dice il Papa usiamo la gentilezza. Compassione ed empatia significa soffrire con l'altro. A me deve interessare Gesù Cristo, non apparire.

Catania - La pace dono e promessa
Dalla meditazione dei dieci brani di Matteo abbiamo preso coscienza che la pace è una grande e complessa realtà, riguardante sia il nostro mondo interiore, sia le relazioni interpersonali e comunitarie, a livello globale e nei confronti della natura. La pace, come dice il nostro Piano di Lavoro, è “dono e promessa” di Gesù risorto: “dono” da accogliere, in cui sperare, da utilizzare, da condividere e promuovere lungo un percorso di cui siamo partecipi e responsabili; “promessa” per tutti gli uomini, ma soprattutto per chi crede in Gesù e si affida a Lui, che accompagna rispettoso la nostra libertà ed è presente in ciascuno di noi.
Abbiamo preso coscienza della fragilità della pace, in quanto essa è lo specchio della nostra fragilità: del nostro scarso impegno, di una fede debole, del nostro egoismo, della nostra incoerenza, di una limitata disponibilità all’ascolto e al dialogo, della mancanza di una efficace responsabilità nei confronti degli altri e del creato tutto. La pace è fragile quando rinunciamo a una salda relazione con Gesù risorto: da qui le nostre paure, l’incapacità di riconoscerci “beati” e partecipi del “Regno” che è stato preparato per tutti noi ed è accessibile a tutti.
A noi privilegiati, che abbiamo ricevuto la buona novella, la fede e qualche talento, è chiesto di custodirli, di condividerli, di farne buon uso. Il nostro cuore cerca la pace e la gioia: ma ancora una volta ci siamo resi conto che possiamo trovarle solo insieme a Gesù, morto e risorto, e soprattutto condividendo la sorte dei più deboli, nei quali Lui vuole essere riconosciuto.
Attraverso la preghiera e l’Eucarestia possiamo cercare, trovare e vivere l’intimità necessaria con Gesù risorto, che non tradisce ed è la nostra pace.

OSSERVARE - Il mondo è funestato da tanti conflitti, di fronte ai quali siamo presi da un senso di angoscia e impotenza e ci chiediamo cosa possiamo fare nel nostro piccolo. Ben poco nelle questioni internazionali; ma molto in tutte le disarmonie che ci riguardano da vicino. Di fronte alle molteplici fonti di informazione dobbiamo anzitutto verificarne l’attendibilità e quindi prestare attenzione ai contenuti e ai valori che trasmettono. Dobbiamo leggere le notizie con senso critico: siamo infastiditi dalle strumentalizzazioni e dai giudizi poco obiettivi dei media, che non favoriscono un clima costruttivo. Anche da parte nostra è necessaria molta attenzione a non commettere gli stessi errori: la pace passa anche dalle parole, dal tono di voce, non dal chiacchiericcio e dalle battute inutili o addirittura dannose.
Nel Piano di Lavoro dello scorso anno – Una fraternità possibile - abbiamo analizzato i temi proposti, riguardanti la possibilità e la capacità di agire per operare un cambiamento con un unico obiettivo: attivare un forte senso di umanità e fratellanza nei confronti di coloro che manifestano fragilità e insicurezza, il che è fonte di disuguaglianza, esclusione e discriminazione. Bisogna mettersi nei panni dell’altro senza tornaconto, evitare l’indifferenza, superare la sfiducia.
Nelle nostre scelte quotidiane siamo sollecitati a lavorare per la pace. Le proposte sono tante. Non ci viene chiesto di omogenizzare le diverse prospettive riconducendole a un punto di vista unico, ma di dialogare con tutti smussando i conflitti e valorizzando le affinità. Le diverse culture caratterizzano le opinioni altrui, alcune condivisibili, altre meno: come cristiani abbiamo il dovere, a livello personale e sociale, di promuovere forme di coesione, ascolto e disponibilità al dialogo. È necessario porre attenzione ai cambiamenti della società che ci circonda. Anche nelle scelte politiche siamo chiamati a decidere con responsabilità, ispirati dal bene comune. Dobbiamo far circolare i valori in cui crediamo, senza imporli ma facendoli apprezzare. Non illudiamoci di poter fare da soli: bisogna offrire sempre opportunità di dialogo.

VALUTARE – Tutti i brani proposti dal Piano di Lavoro ci fanno riflettere sulla nostra vita e i nostri comportamenti. Alla luce della Parola siamo invitati a valutare la nostra fede, la nostra disponibilità ad accogliere il dono della pace, disarmando i nostri cuori e non cessando di nutrire speranza negli accordi. Tutti abbiamo una destinazione universale, nessuno va scartato o sprecato.

AGIRE – Prima di tutto nutrirsi sempre della Parola e dell’Eucarestia. È importante pregare affinchè la speranza non venga mai meno. Il nostro impegno costante deve essere quello di cogliere ogni occasione di collaborare al patto educativo globale promosso dal Papa, nei luoghi e nelle situazioni a noi più vicini. Tutti siamo responsabili nel processo educativo indirizzato all’attivazione di un cammino di pace. Carmela Branca

Trento: considerazioni finali del piano lavoro 2022/23 
Ci sono valori universali essenziali per la costruzione di un mondo migliore, in particolare per i Cristiani si evidenzia: il carattere sacro della vita; il primato della persona; la subordinazione dell'azione politica ed economica alle esigenze della morale. Di conseguenza alla luce di questi valori fondamentali dobbiamo lasciare il concetto di potere e prestigio da una parte ed al contrario vivere la nostra vita in comunione con gli altri da fratelli, da custodi non da padroni.
L’unico potere riconosciuto all’uomo è quello di servire amando, servire tutti, anche pagando di persona. Del resto il rispetto dei citati valori migliora la coesione sociale, il superamento delle disuguaglianze, il rispetto della dignità umana, tre fattori che si legano indissolubilmente, una essendo subordinata all'altra.

PUNTI NEGATIVI
Un mondo privo di valori, pieno di cattiverie, di superficialità, di povertà, di disoccupazione, con ritmi incalzanti s stressanti, con relazioni distruttive e superficiali, con malattie sempre nuove…ci si sente impotenti.

MONDO DELL’AGIRE
Però ogni singolo, secondo le proprie forze e possibilità, può AGIRE: non solo lamentarsi e basta; né dire la classica frase “non dipende da me”, senza far nulla di fronte alle varie situazioni; prima di tutto bisogna cambiare sé stessi; se cambiamo noi possiamo influenzare anche gli altri, innescando un circuito virtuoso; aiutare prima di criticare; sviluppare empatia cominciando a dare il buon esempio; affrontare la vita con ironia ed umorismo, esprimendo le proprie emozioni accettandole; stimolare le relazioni con rispetto degli altri; un approccio umoristico soprattutto nel rispetto delle menti giovani per creare uomini migliori (far crescere i valori nelle scuole); rispettare l'ambiente, gli animali e l'ecosistema; disperdere ovunque gentilezza, senza gridare o esprimersi con violenza; far bene il proprio lavoro anche se umile; tenersi aggiornati e amanti della cultura in genere; cercare di fermarsi e pensare insieme come costruire un mondo migliore: cosa facciamo nel nostro piccolo?; desiderare il bene e trasferire agli altri questo piacere; avere cura del proprio stato di salute cercando di amare al massimo la natura; dedicarsi alle relazioni vive, viverle facendosi del bene, ma, soprattutto, facendo del bene agli altri; rispettare la generazionalità, ovvero rispettare l'anziano tramandando ricordi e racconti: il passato aiuta il futuro; pensare prima di agire e pensare con la propria testa; ascoltare e vedere le cose anche sotto la prospettiva degli altri; perdonare sempre, soprattutto se' stessi; procedere ogni giorno nel tentativo di migliorarsi, dando l'esempio agli altri, cercando di aiutarli. Diego Zucchelli

Lucca: le nostre riflessioni sulla pace
Punto 1. Osserviamo e ascoltiamo Analizzando le tante guerre in corso, 70, sono causate da forti divergenze tra nazione e nazione, tra gruppi etnici diversi e dalle diverse, religioni.
La prima guerra nella storia è stata tra i due fratelli Caino ed Abele.
Ci sono organizzazioni internazionali che dovrebbero tutelare la pace come per esempio l'Onu e la Nato ma la prima purtroppo è fondata su principi ingiusti e è manipolata, la seconda interviene con le armi.
L'Italia come fornitrice di armi è purtroppo al IV posto mondiale.
Sentiamo il bisogno di pace ma manca la volontà di confrontarsi e lo sforzo a trovare una soluzione. Non si sa dove sta la verità. C'è terrore ansia e meraviglia in senso negativo sul perchè si ricorre alle armi. A questo si aggiunge la nostra impotenza per cui siamo le vittime.
Le nostre reazioni sono il dispiacere profondo, la perplessità la rassegnazione, l'indifferenza, il diritto a difendersi di fronte all'ingiustizia sociale e di conseguenza la rabbia.

Punto 2. Per costruire la pace dovremmo rifarci al Vangelo e sentirci fratelli verso tutti. Dovremmo aprirci al dialogo verso chiunque.

Punto 3. Per impegnarci contro la violenza e per la promozione della pace a livello personale, si possono fare delle marce della pace. ma dovremmo sacrificarci e scomodarci un po' di più.

Punto 4. La promozione della pace avviene anche attraverso le diverse scale di valori: mitezza. tolleranza, dolcezza, ottimismo, amore e passione verso ciò che ci circonda.
La cultura a cui ci ispiriamo è la cultura cristiana che mette il perdono dei nemici al primo posto perché il vero perdono viene da Dio. Ci riconosciamo nella nostra cultura religiosa e nei valori del Cristianesimo. Ci sono poi le culture asiatiche che generalmente hanno una serenità e una pace interiore molto forte che aiuta ad accettare la realtà. Poi ci ispiriamo anche alle culture di libertà e di giustizia.

Punto 5. Per la costruzione della pace dovremmo promuovere i frutti i dello spirito e dovremmo rifarci quindi alle parole di Paolo nella lettera ai Galati (5,22) che sono prima di tutto l'AMORE, LA GIOIA, LA PACE, LA MAGNANIMITÁ, LA BENEVOLENZA, LA BONTÁ, LA FEDELTÁ, LA MITEZZA E IL DOMINIO DI SE'.
Per superare le ingiustizie e le discriminazioni bisognerebbe “somigliare” a Dio che ha offerto suo figlio per salvare tutti noi. Bisognerebbe cominciare ad educarci per accettare il diverso.
Per costruire un mondo nuovo, più aperto e più giusto occorre scartare il pessimismo, l'egoismo, l'ingiustizia, la schiavitù delle leggi e di contro far crescere la fede in Gesù, l'amore, la speranza il perdono e porre la fiducia nella misericordia.
Per promuovere in tutti gli ambienti di vita e della comunità ecclesiale, una cultura di pace, una educazione alla pace, un impegno alla pace bisogna imparare ad ascoltare tutti, mettere al centro la dignità della persona, essere pazienti e essere capaci di mettersi al servizio degli altri. Ricordiamoci che la pace nasce dal PERDONO.

Firenze: gruppo Stefania Bacci
1)  Le risposte in questo caso sono decisamente scontate: si tratta di promuovere la giustizia, la libertà, la solidarietà, l'accoglienza e scartare nello stesso tempo tutto ciò che concerne la violenza, gli interessi di parte, l'individuazione e l'ambizione politica che portano inevitabilmente alla corsa agli armamenti ed alle azioni di guerra 

2) In " Fratelli tutti" si parla di educazione alla fraternità, alla cultura dell'ambiente, di rispetto della vita e della dignità della persona, del diritto alla libertà di ogni popolo, nessuno escluso.  In ambito sociale e comunitario dovremmo quindi muoverci in questo senso, anche semplicemente nel nostro quotidiano che ci circonda per favorire la condivisione ed il perdono, l'accoglienza al povero, al disabile, all'anziano.
In " Fratelli tutti" cap.1 v.18, papa Francesco definisce oggetto di scarto "certe parti dell'umanità che sembrano sacrificabili a vantaggio di una selezione che favorisce l'unico settore meno degno di vivere senza limiti". Le persone non sono più sentite come un valore primario da rispettare e tutelare, specialmente se questi ultimi sono poveri o disabili se "non servono ancora" come i nascituri o "non servono più" come gli anziani. 
"La cultura dello scarto":
L'esclusione economica e sociale è la negazione della fraternità umana ed un gravissimo attentato ai diritti umani ed all'ambiente.  I più poveri e deboli sono coloro che soffrono maggiormente questo fenomeno: scartati dalla società, sono allo stesso tempo obbligati a vivere di scarti e soffrono ingiustamente le conseguenze dell'abuso dell'ambiente. (cit. Discorso all'ONU di Papa Francesco su "abuso e distruzione dell'ambiente") 

Report inchiesta gruppo Gradisca d’Isonzo
Il nostro gruppo ha affrontato l’osservare e il valutare parlando inizialmente, come pensiamo abbiano fatto tutti, della guerra in Ucraina, le riflessioni riguardavano sostanzialmente queste argomentazioni:

Difendere la vita o difendere la libertà? Noi siamo stati aiutati per essere liberi (solidarietà internazionale) all’epoca della seconda guerra mondiale, e la nostra democrazia è il risultato di persone che hanno dato la loro vita per il bene e la libertà di tutti. La posta in gioco erano il diritto a vivere la propria esistenza in pace, a prescindere dal proprio genere, dalle proprie scelte di vita, dalle proprie origini culturali, dal proprio credo, dallo stato di salute, ed era anche la possibilità di partecipare responsabilmente e fattivamente alle scelte comuni con il voto e con la libertà di espressione, scegliendo i propri rappresentanti nelle istituzioni dello stato. Purtroppo le armi all’epoca ed anche oggi sono state necessarie proprio per difendere la vita di persone altrimenti inermi (chi ha la responsabilità di gestire il bene comune ha il diritto e dovere di difendere i propri concittadini…): si possono accettare le armi nell’immediato, ma in prospettiva è doveroso costruire la pace

Il potere deforma la realtà, e chi raggiunge i posti chiave spesso non ha più il contatto con la vita reale, e non sta più dalla parte degli uomini ma della politica più deteriore. Invece Dio ci chiede di fare la cosa giusta, e cioè di stare dalla parte degli uomini, soprattutto di quelli più fragili e indifesi. In Russia invece abbiamo assistito non solo al sopruso del più potente sul più debole, calpestato nell’identità, dignità e libertà, ma anche al fatto che la chiesa si è venduta al potere politico, e non fa più la volontà di Dio, di fatto avvallando le violenze dello stato e vendendole come volontà divina. Anche da noi, comunque, il sistema politico non coltiva esattamente persone di pace, ma di potere, e chi entra nel sistema politico, che è invece tanto importante in democrazia, rischia di essere intrappolato in dinamiche perverse: bisogna ripartire dai rapporti interpersonali, autentici e rispettosi dell’altro, perseguendo il bene di tutti e non il solo interesse personale, e il parlare con sincerità, e solo così si possono evitare rapporti di forza e costruire relazioni di pace. Necessario educare alla pace: mettere al centro la scuola e i giovani, educare al dialogo e al confronto.

Abbiamo notato uno stato di regressione della civiltà: è drammaticamente diminuita la partecipazione delle persone alla vita civile e religiosa (alla vita), c’è un diffuso senso di indifferenza e distacco empatico dalle vite degli altri (peggiorato dopo la pandemia) una difficoltà ad assumersi le proprie responsabilità, e accanto a questo vi è anche una diffusa perdita della capacità di argomentare e di esprimere compiutamente le proprie idee, dovuto si pensa all’uso dei social che hanno impoverito il linguaggio e allontanato fisicamente le persone sostituendo l’incontro di persona con quello virtuale, oltre alla perdita di opportunità di incontro e dialogo come avveniva fino a cinquant’anni fa sia nei partiti, sia nei sindacati e associazioni, sia anche in ambito ecclesiastico. Prevale l’interesse economico, fattore motivante più dell’etica ad agire concretamente: attualmente vi è nel mondo un senso di impotenza, ci sembra cioè che le persone non contino poi molto, mentre prevalgono gli interessi solo di alcuni attori, che muovono le fila della storia, oltre che dell’economia.

In uno degli ultimi incontri ci siamo soffermati sui giovani, perché è balzato all’occhio a molti di noi, che in modo diretto o indiretto abbiamo a che fare con i ragazzi, che in essi sempre più frequentemente manca il desiderio: di apprendere, di incontrare, di conoscere…sembrano che nulla susciti la loro curiosità, che non coltivino sogni, che non riescano a prefigurarsi un futuro. Ad esempio ci sono ragazzi adolescenti che “lavorano” facendo trading on line, e speculando guadagnano parecchio denaro, per cui non sentono la necessità di studiare: in fondo hanno fatto propri gli “ideali” di molti “adulti”, e cioè apparire e guadagnare per essere integrati e felici, dunque perché dovrebbero faticare nello studio e andare a scuola? Evidentemente la scuola oggi in generale non appare un ambiente attraente e motivante per i giovani; invece sui social essi mettono in pasto a tutti il proprio privato, la propria intimità, con conseguenze talvolta catastrofiche, dimostrando tutta la difficoltà ad individuarsi come persone che non si relazionano con la giusta distanza con gli altri, e con difficoltà a costruire la loro vita su basi solide.

Anche l’aspetto della denatalità, particolarmente grave in Italia, ma non solo, è indice di mancanza di speranza nel futuro; i giovani adulti oggi sono autocentrati, puntano alla soddisfazione e realizzazione personale, non pensano di doversi far carico degli altri, siano essi figli o conoscenti, e se non trovano qui le opportunità invece di lottare per cambiare la situazione si spostano altrove. Sono evidentemente figli della nostra cultura, dove prevale l’individualismo e la ricerca del benessere e del piacere personale.

Durante l’ultimo incontro ci siamo resi conto di quanto pessimismo e delusione siano impregnate le nostre considerazioni, fatte da persone la gran parte impegnate a vario titolo in ambienti religiosi o politici o associativi. Le parabole del tesoro e della perla ritrovati e per cui i protagonisti hanno venduto tutto ciò che avevano ci ha un po’ rincuorati. Il regno di Dio non si può realizzare pienamente nella storia, che sottostà a dinamiche complesse ed ingarbugliate, non appianabili: dobbiamo prendere atto di questa verità, e non cadere nella frustrazione. Il Regno di Dio si completerà e si realizzerà nell’aldilà, a noi di qua resta il compito di testimoniare nella realtà in cui viviamo la gioia dell’incontro con Gesù, impegnandoci il possibile ma senza sentirci i salvatori della storia.

Forse è necessario abbandonare i nostri desideri di “evangelizzazione” a modo nostro, ed invece provare a stare di più a fianco dei più giovani e in generale delle persone che incontriamo, avvicinandosi alle loro vite, accompagnandoli e sostenendoli, ed ascoltandoli per intercettare il bisogno profondo di Dio che alberga in ogni cuore: la situazione è difficile, ma Gesù non ha detto che vendere il campo per tenere il tesoro fosse una cosa da nulla…
Infine per costruire un futuro di pace pensiamo sia importante essere in pace con se stessi, ripartire dal dialogo, che è un’arte squisitamente umana e umanizzante, da apprendere e coltivare, da esercitare tra le persone e tra le nazioni, mettendo al centro i figli, che sono la speranza per un futuro rinnovato, più equo, giusto e solidale, rispettoso di ogni essere umano e del creato.

Gruppo MRC interregionale online
Il nostro è un gruppo MRC un po' particolare e non troppo strutturato: viviamo sparpagliati nelle varie regioni d’Italia e da tre anni ci incontriamo on line ogni 2-3 settimane, con la guida spirituale di Don Licio Prati. La maggior parte frequenta anche altri gruppi di Rinascita, partecipa e agisce concretamente per quanto può nelle iniziative locali e nazionali (delle quali approfittiamo anche per incontrarci fisicamente); recentemente poi diversi di noi hanno assunto impegni nella redazione di Rinascere.
Nell'inchiesta di quest'anno abbiamo da subito trovato un forte legame con quella dell'anno scorso e quindi la necessità di partire dalla seconda riflessione dell'Osservare, in particolare dai temi della cura dell'ambiente e del superamento delle diseguaglianze e delle ingiustizie. Ci è venuto inoltre spontaneo esplorare il tema della Pace a più riprese e da diverse prospettive: quella esistenziale e spirituale, ragionando sull'essere persone "in" pace e/o/per essere persone "di" pace e riflettendo anche su come la tradizione orientale e quella occidentale si riuniscano poi in una unica via; e da quella economica e politica, contenute nella prima e nella quarta domanda. Il tema della giustizia è poi tornato anche come una costante nelle varie meditazioni del Vangelo di Matteo che ci hanno accompagnato durante l'anno, e dalle quali abbiamo tratto come metro di riferimento per il nostro agire l'apparente ossimoro del giusto che non giudica.
Soprattutto, abbiamo poi trovato una sintesi a tutto questo nella visione collettiva del film "La lettera" in cui si rende evidente quanto sia tutto realmente e inestricabilmente connesso: giustizia sociale e giustizia ecologica, ambiente ed economia, e quanto solamente lasciandosi convertire nel profondo dalle voci dei poveri, dei giovani, dei popoli e della scienza si può tentare di sanare le ferite dell'Uomo e del Pianeta.
Da là siamo quindi ripartiti con rinnovato vigore nel rivolgersi al terzo punto dell'inchiesta, per chiederci ancora più concretamente quali esperienze di costruzione di pace e di impegno contro la violenza abbiamo vissuto e viviamo quotidianamente, scoprendo, quasi inaspettatamente, quanto queste siano presenti nel nostro agire: chi si trova come insegnante o dirigente scolastico nel mediare tra adolescenti e  promuovere iniziative contro il bullismo, chi sperimenta quanto sia importante disinnescare il conflitto a livello personale e politico, chi contribuisce alla riappacificazione in tribunale e a difendere le vittime di violenza psicologica, chi professionalmente è impegnato nella difesa dell'ambiente, chi agisce sul tema della Pace nei movimenti e nell' associazionismo e chi si trova a diffondere concretamente la legalità nel proprio territorio.   Sabina De Innocentiis

Per un percorso di pace - Reggio Calabria                              Il tema dell’inchiesta di quest’anno ci ha stimolati a riscoprire vari testi, tra cui anche l’enciclica “Pacem in terris” di papa Giovanni XXIII, che compie sessant’anni ma è attualissima. Non solo perché denuncia l’immoralità della guerra, ma anche perché è quanto mai attuale l’appello “a tutti gli uomini di buona volontà” perché guardino “ai segni dei tempi”. Per capire la storia in cui siamo immersi è forse opportuno abbandonare il pigro chiacchiericcio degli esperti di geopolitica e le propagande ideologiche, per affrontare veramente le grandi questioni politiche, economiche, sociali e culturali del nostro tempo.
La globalizzazione ha portato ad un consumismo esasperato e ad uno sfruttamento senza regole delle risorse della Terra, causando sempre maggiore inquinamento e aumentando notevolmente le disuguaglianze. Paradossalmente, i Paesi che hanno maggiori ricchezze di materie prime, come quelli dell’Africa, sono tra i più poveri del Pianeta.
Questa corsa, verso un progresso che poco ha di etico e verso l’accaparramento di tali territori, minaccia gravemente la pace mondiale.
Difatti, dinanzi ai conflitti che ormai, da anni, interessano numerosi Paesi dell’Africa e del Medio Oriente e alla recente invasione dell’Ucraina, papa Francesco ha dichiarato:” Oggi stiamo vivendo una terza guerra mondiale a pezzetti” che sembra portare morte e distruzione solo in alcune aree del pianeta ma che, nella sostanza, coinvolge noi tutti.
Questi conflitti hanno attivato reazioni che vanno dalla paura allo stress, dall’ansia alla depressione; di fronte alla violenza e ai bollettini quotidiani di morti e feriti, tra i più giovani sono state rilevate manifestazioni di panico. Tali reazioni nascono da motivazioni dettate dalla preoccupazione e dall’incertezza per il presente e per il prossimo futuro.
Bisogna sottolineare però che ad esse si accompagnano sentimenti di compassione per le vittime, gesti di solidarietà concreti, pressioni da parte dell’opinione pubblica sulle istituzioni politiche ed internazionali affinchè si adoperino a favore della pace. La pace, infatti, non è un’ideologia astratta da imporre gridando slogan, ma è una domanda che scaturisce dalla profondità della storia, dai morti per bombe, droni, missili o in combattimenti, dalle vittime di crudeli atrocità, dalle migliaia di bambini scomparsi.
Assistiamo invece, e questo sia materia di riflessione, agli aumenti delle spese militari, alla corsa agli armamenti, all’invio di armi sofisticate di nuova generazione, che vengono testate in un contesto di guerra reale. È giusto ricordare che sono stati tentati anche percorsi di carattere diplomatico che, purtroppo non hanno avuto esiti positivi. A ciò si aggiunga che il perdurare della guerra in Ucraina ha reso gran parte della popolazione occidentale disorientata e poco fiduciosa sul ruolo svolto dall’Unione Europea, dall’ONU, dalla NATO e dai vari governi. Il nostro impegno a livello personale, sociale ed ecclesiale ci porta a sostenere quei movimenti che combattono i modelli di sviluppo che mortificano la dignità dell’uomo e non si pongono come obiettivo importante la cura e la tutela dell’ambiente.
Una svolta nell’attuale modo di vivere è urgente. Ernesto Balducci, sacerdote scomodo, morto nel 1992, molti anni fa ha evocato profeticamente l’immagine di un mondo non padrone, ma custode della Terra. Lo stesso messaggio dell’Enciclica “ Laudato si’ “ di papa Francesco, che parla di conversione ecologica. Tale conversione parte anche da una conversione comunitaria che impone una grave responsabilità e che si estende alla relazione con le altre creature e con il mondo che ci circonda. Tutto questo è possibile se siamo in pace con noi stessi. La pace interiore è molto legata alla cura dell’ecologia e al bene comune e rafforza la solidarietà con i più bisognosi.
Attuale in tal senso è anche il messaggio di Madre Teresa di Calcutta: “per promuovere la pace, va’ a casa ed ama la tua famiglia”. L’insegnamento che ne deriva è quello di partire da noi stessi, dalle nostre famiglie, per offrire esempi ispirati alla pace, all’amore e al rispetto, tra congiunti e verso gli altri.
Il percorso in Rinascita Cristiana ci ha sempre fatto riflettere su queste tematiche, indicandoci la via per praticare stili di vita rispettosi dei valori della pace e della fraternità.
Per costruire un mondo più aperto e giusto dobbiamo innanzitutto mettere da parte gli egoismi e gli interessi personali e promuovere i vari campi delle attività umane secondo criteri di giustizia, di sostenibilità sociale, economica ed ambientale.
Il nostro compito è quello di consegnare alle generazioni future un pianeta non depauperato di tutte le sue risorse e ancora in grado di sostenere il genere umano. L’essere coinvolti in questo progetto ci insegna il rispetto per il Creato e per tutti gli esseri viventi.
Perciò, con San Francesco, preghiamo: “Altissimo, glorioso Dio, illumina le tenebre de lo core mio”; solo così ogni atto d’amore verso i nostri fratelli e verso la nostra Madre Terra diventa un’opera di pace.  Rina Bova

Incontri di Rinascita a Reggio Emilia                                    
Anche quest’anno gli incontri di Rinascita, oltre a regalarci più fraternità e amicizia, hanno contribuito ad accentuare in noi un senso di inadeguatezza, insoddisfazione per come viviamo la nostra storia, il nostro presente sia come società che come Chiesa.
La guerra, le guerre che ci hanno accompagnato, non solo quella ucraina, a cui non vogliamo assuefarci, son state motivo di riflessione attraverso la preghiera, le meditazioni e l’inchiesta. La ricerca della pace, il silenzio delle armi crediamo debbano impegnare la nostra intelligenza e il nostro cuore.
Fin dalla prima meditazione, Gesù benedice gli operatori di pace, i due commentatori ci hanno guidato a diventare seminatori di pace, convinti che il raccolto ricompenserà la fatica (VII meditazione). Abbiamo apprezzato, dopo una iniziale fatica, i commenti proposti sul piano di lavoro che ben si sono armonizzati con le letture dei testi del magistero proposti. Anzi abbiamo aggiunto per meglio approfondire e riflettere altri testi, in particolare il discorso di Lercaro sulla pace del primo gennaio 1978, interventi del monaco Dossetti, l’articolo di Gianni Minà “La pace si abbraccia senza se e senza ma”, l’articolo di John Florio, pseudonimo di Lucio Caracciolo apparso su Limes e non ultimi articoli in occasione dell’anniversario della “Pacem in terris”.
I nostri incontri, a scadenza settimanale, con la celebrazione di alcune messe con il nostro Don Eugenio sono risultati un esame di coscienza sui nostri stili di vita: ingiustizie, diseguaglianze, provenienze geografiche, educazione e cultura, salute e senso di appartenenza sono alla radice di uno squilibrio mondiale disumano. Le nazioni occidentali, nella loro presunzione, hanno commesso errori gravissimi in nome del potere, dell’arroganza del denaro, delle alleanze che hanno snaturato il significato di democrazia.
Sentiamo la dignità della persona e di ogni persona calpestata dalla guerra. “A tutti gli uomini di buona volontà / spetta un compito immenso: / il compito di ricomporre i rapporti / della convivenza nella verità / nella giustizia, nell’amore, nella libertà” (Tonino Bello)
L’irrazionalità della guerra, segno di morte dell’umanità e del creato hanno interpellato e inquietano ciascuno di noi, partecipi di un presente che vorremmo più umano e civile, generativo di vita per i fratelli e per la terra tutta. In tal senso ci hanno accompagnato le lettere giunte dall’Amazzonia di due missionari reggiani: un grande segno di speranza. Ed un invito a rendere gioiosa la nostra fede, a spogliarla di moralismo, a cogliere l’umanità di Gesù: “non fede in Gesù ma fede di Gesù”. Ascolto, mitezza, dialogo. Vicinanza, incontro auspichiamo divengano uno stile nostro come chiesa: non il giudizio ma la condivisione. E il dibattito tra noi si è allargato: quale è lo stato attuale della cultura, (in)civiltà occidentale cristiana? Quando e come la chiesa occidentale ha smarrito il suo ruolo, con “la debolezza della fede e la forza della religione”?
L’anniversario dell’enciclica ci ha suggerito il tema della storia, del dovere di non smarrire la memoria della storia. È stato con noi domenica 16 aprile Pierluigi Castagnetti per trattare del campo di Fossoli. Eravamo presenti in una quarantina, non solo di Rinascita ma amici e persone con il desiderio di ascolto e confronto, che oltre ad aver ringraziato hanno chiesto di creare altri incontri.
Agli incontri on-line partecipano 3 amiche di Parma: Franca Invernizzi, Iride Poli, Maria Cristina Borromeo di Milano. Paola Zelioli

Lecco: la pace, shalom un’informazione necessaria  Numerose sono nel mondo le situazioni di violenza e di aggressione, dal mancato rispetto dei diritti umani, agli scontri di religione, alle guerre. In particolare, il momento storico che viviamo in seguito all’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia ha fatto avvertire come incombente e vicino il grave pericolo della guerra, del riarmo e delle bombe nucleari.
Varie sono state le fonti di informazione: Radio (Rai 1), Televisione (canali nazionali, La 7, Sat2000), riviste (Aggiornamenti Sociali), i grandi giornali nazionali (Corriere, Avvenire…), figure di grandi uomini come Ghandi, La Pira, Gino Strada, gli interventi dei papi nella storia della Chiesa, fino a quelli di Papa Francesco che invoca alternative che escludano violenza, “attraverso la mediazione, la riconciliazione e il negoziato per trovare un punto d’accordo, un compromesso, salvaguardando la logica della cooperazione (“Fratelli tutti”).
Pur tenendo presente che il rischio può essere la divisione tra buoni e cattivi, tra guerra e una forma di resistenza non violenta, c’è stata un’unanime reazione emotiva di vicinanza al popolo ucraino. Di fronte a questa tragedia umanitaria, in un confronto aperto, abbiamo considerato le varie opinioni e quali siano gli elementi che possono aiutarci a discernere circa l’uso della forza militare.
Le fonti di informazione prese in considerazione sostengono che solo una guerra difensiva può essere ritenuta moralmente accettabile, che l’aggressione di uno stato verso un altro non è tollerabile quando non c’è una causa giusta. Sotto questo aspetto l’Ucraina ha diritto a difendersi anche con l’appoggio di forze, di sanzioni internazionali, secondo la logica della cooperazione. Ma i vari modi di intendere la promozione della pace riconducono comunque, tutti, all’importanza di una valutazione etica che tenga conto anche delle pesanti conseguenze derivanti dall’impiego della tecnologia moderna.
Anche le meditazioni del Vangelo di Matteo, sottolineando il valore della giustizia e della responsabilità della coscienza individuale nelle scelte, ci aiutano ad affrontare le situazioni di guerra, di potere e di privilegio in maniera più cristiana e consapevole. Quello che noi, quasi tutte ormai di una certa età, possiamo impegnarci a fare è rimanere informate delle criticità esistenti e contribuire concretamente aiutando chi ha bisogno sia sul piano materiale che culturale, aderendo in modo attivo alle varie associazioni di Volontariato presenti sul nostro territorio, non dimenticando mai la grande forza della preghiera. Silvana Bartoli

Meditare un aiuto al discernimento - Catania                               I brani del Vangelo di Matteo proposti dal PdL hanno molto interessato i componenti del gruppo; ci hanno infatti stimolato a guardare profondamente dentro noi stessi per poter meglio osservare la realtà che ci circonda. Sono brani che tutti conosciamo, ma tuttavia rileggendoli e meditandoli nei nostri incontri, guidati dalle parole illuminanti del nostro Assistente P. Carmelo Torrisi, hanno suscitato in noi emozioni più intense, probabilmente perché nel corso degli anni abbiamo maturato un costante approfondimento della Parola.
I capitoli proposti dal PdL, che possiamo definire il “cuore del Vangelo di Matteo”, sconvolgono per l’immenso Messaggio d’amore in essi contenuto, ma altresì stimolano a soffermarsi sulla constatazione di quanto tale Messaggio venga disatteso nella quotidianità della società odierna. Questa amara presa di coscienza si è consolidata man mano che abbiamo cercato di dare risposte alle domande di pace che l’inchiesta propone.
Concordiamo unanimi nel prendere come punto di partenza il versetto di Matteo 12,50: “Chiunque fa la volontà del Padre Mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre’’. Gesù vuole che la Chiesa sia una famiglia, non certo in alternativa alla famiglia naturale ma come suo fondamento e indispensabile compimento. Noi cristiani siamo chiamati ad essere ‘’casa e scuola di comunione’’- come diceva Giovanni Paolo II. Infatti la coscienza di essere figli di un unico Padre, ci impegna a vivere da fratelli e costruire una comunione affettiva ed effettiva, una sincera condivisione, che consiste nel prendersi cura gli uni degli altri. È questo il messaggio che Papa Francesco manda a partire da “Evangelii Gaudium” fino a “Fratelli Tutti”.
Papa Francesco al cap. 12 della “Fratelli Tutti” ci ricorda che: “La società sempre più globalizzata ci rende vicini ma non fratelli”. Allora cosa fare per cambiare le cose? La risposta è una sola: non perdere la Speranza ma pregare Dio, Padre attento e misericordioso, affinchè ci aiuti a mettere in pratica il Suo messaggio nella nostra vita. Per convertire il proprio cuore, non basta solo cercare, magari spinti da un fattore emotivo o da una propensione al bene, è necessario dare slancio al cammino di sequela rendendo la nostra fede un legame così forte da diventare familiare. Ascoltare, condividere e partecipare alla stessa missione di Cristo è “essere in relazione con Lui”, così come indicano le stesse parole “madre, fratello, sorella”. È la “purezza del cuore” che permetterà di vedere Dio nell’altro, in chi ha un’altra fede o un altro colore della pelle.  Si sta bene con gli altri se si ha un rapporto profondo con Dio e la vita spirituale cresce non solo con il rapporto con Dio ma anche nel rapporto con i fratelli.        Maria Grazia Vitale Scuto 

Mantova: Preparare percorsi di pace
OSSERVARE:
Gli incontri online di Rinascita, di Don Maggiolini prof. Al Politecnico di Milano, assistente a Novara sulle”Disuguaglianze” la relazione di Padre Ska del P.d.l. : La pace dono e promessa *, i dati del 56° del rapporto Censis e la tavola rotonda al Polo culturale Nuvolari con il Vescovo Marco Busca “Sinergie” (come costruire legami per generare futuro) hanno fotografato Mantova e la società italiana fragile e complessa:

1-le questioni legate allo sfruttamento del territorio e ai disastri ambientali, scompensi climatici e deforestazione 2- le crisi: problema energetico, gli effetti della pandemia, le guerre in Europa – interruzioni approvvigionamento materie prime 3- inflazione 4- escalation di violenze e aumento aggressività 5 – crisi demografica (minaccia alla famiglia umana, aumento età media popolazione , denatalità che porterà diminuzione classi nelle scuole e spostamento popolazione – emergenza educativa) 6-problemi conciliazione tra esigenza del lavoro e della famiglia – conflittualità 7- disoccupazione anche di laureati e offerte lavoro a cui non corrisponde domanda 8- problema sanità: dove sono diminuite le risorse sanitarie, si è speculato sulla salute e vi sono lunghe liste d’attesa, ma la salute non è una merce ma un bene comune la sanità non è un costo ma un investimento! e 9 – le famiglie in povertà assoluta sono 5,6 milioni, un milione in più rispetto al 2020 10- difficoltà contrazione delle associazioni di volontariato perché non c’è ricambio nei volontari e diminuiscono i contributi rivelando molta stanchezza 11- un terzo degli italiani ha partecipato durante l’emergenza sanitaria a iniziative di solidarietà aderendo ad associazioni non profit, in ospedali portando risvolti sociali positivi 12-il primato europeo per il numero di giovani italiani che non studiano, né lavorano 23%, al Sud 32%.

Partendo dal Covid, ora si ragiona in modo diverso, anche sulla pace, perché è tutto connesso, ha colpito tutti e nessuno si salva da solo! I mali e le crisi non sono venute dal Covid, ma il Covid ha evidenziato problemi che già c’erano e non solo dal punto di vista sanitario, ma economico, morale, politico, sociale. Non rassegnamoci, per ripartire cerchiamo il bene comune, senza brama di potere e sempre insieme, perché siamo parti e non padroni, non possiamo voltarci dall’altra parte e non c’è pace senza giustizia e senza rispetto dell’altro. Bisogna tracciare insieme sentieri di pace dentro e fuori di noi, con sfide nel mondo perché dalle crisi non si esce uguali, ma siamo tutti diversi da prima. (La libertà senza la solidarietà, non è libertà ma arbitrio. Recalcati)

*che si compirà alla fine dei tempi, ma va costruita giorno per giorno con le nostre scelte ed è qui che si gioca la testimonianza dei cristiani e credibilità della Chiesa.

VALUTARE:                                                      
1-Il testo di Isaia 2,1-5 dice Padre Ska è un testo conosciutissimo, inciso sul muro di granito di fronte al palazzo dell’ONU, all’interno c’è una statua offerta nel 1959 dall’allora Unione Sovietica di un uomo che trasforma le armi in aratro. Israele conobbe l’invasione assira e ne fu sottomessa, solo Gerusalemme si salvò dalla distruzione per una soluzione politica = resa o per intervento dell’Angelo del Signore = soluzione religiosa. Gerusalemme ha in sé la radice della parola pace – shalom e da chi si è salvato deve ripartire la rinascita per tutto il paese. A Gerusalemme si trova la sede della giustizia, centro di pace, perché Dio insegna le sue vie. Da Gerusalemme viene la pace universale quando tutti i popoli ascolteranno la Sua voce e vivranno la pace. Isaia 2,3 ci dice che Dio è giudice, Re di giustizia e Gerusalemme attira i popoli per la giustizia e non per la ricchezza.
L’oracolo biblico ha indicato una strada per ripartire: l’importanza delle relazioni, con saggezza agire in rete, risolvere i problemi con intelligenza. Quando non c’è capacità di convincere, si costringe e si dichiara guerra e questo è un segno di impotenza.

2-Giovanni 20,19-21 L’amore per Gesù porta ad ubbidire alla Sua Parola, e il Padre ed il Figlio vengono ad abitare in chi ama la Parola e la mette in pratica, a costoro Gesù lascia la Sua pace. La fonte della pace è la croce, il Cristo crocifisso e risorto, le altre paci sono illusorie. Da Lui e in Lui la nostra pace e dietro a Lui la via della pace.

3-Obbedienta e pax binomio secondo Gregorio di Nazianzo, uomo mite del IV secolo, vescovo e patriarca di Costantinopoli che guidò il Concilio del 381 – Motto dello stemma di Papa Giovanni che l’11 maggio 1962 scrive che “ i padri e le madri di famiglia detestano la guerra, da Betlemme e sul Calvario la Chiesa, madre di tutti effonderà la pace che previene i conflitti, che nel cuore di ciascun uomo deve avere una radice e una garanzia”.

4-Nel p.d.l. 2003-2004 “Artigiani di pace” padre Ska ha meditato il Vangelo di Matteo e leggiamo che la Chiesa non resta indifferente di fronte al dolore umano ma interpella chi ha responsabilità nella società per costruire un mondo nella pace e giustizia. La pace, valore primario, non si conquista una volta per tutte, ma richiede un continuo e costante impegno nell’attenzione ai fratelli.

L’Enciclica “Pacem in terris” è basata su quattro pilastri: verità (favorendo luoghi di comunicazione e dialogo), giustizia (risorse), amore (solidarietà e perdono), libertà (nesso tra libertà personale e bene comune) ci aiutano ad aprire cammini di pace e far cadere i muri che ci impediscono di essere amati e di amare, di essere veri e fare verità, di essere giusti e fare giustizia in un mondo di ingiustizie, di essere liberi e liberare. La pace non è tanto questione di strutture, quanto di persone che con gesti di pace coltivano in sé atteggiamenti di pace, frutto della mente e del cuore.

5-Gaudium et Spes 10: l’uomo si sente limitato, ma illimitato nelle sue aspirazioni, fa quello che non vorrebbe e non fa quello che vorrebbe e così soffre in sé stesso, una divisione da cui provengono tante e così gravi discordie nelle famiglie e nella società.

6- Gaudium et Spes 16: nell’intimo della coscienza l’uomo scopre una legge scritta nel cuore da Dio e obbedire alla voce che chiama a fare il bene e fuggire il male è la stessa dignità dell’uomo e su cui verrà giudicato. Gv. 14,27 Pace evento legato all’incarnazione, morte e Resurrezione del Signore. La vera pace viene da Dio, non ha che un nome: Pax Christi. Non è opera nostra, discende dall’alto, quale dono di Dio. Le viene della pace sono le vie di Dio e delle vere conquiste. La Chiesa è chiamata a seguire queste vie, fedele al Vangelo di pace. Ef.6,15 (Combattimento spirituale con cinti fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia, la spada della Parola di Dio e lo scudo della fede).

7- Salmo 85 - Ef 2.14, - “Fratelli tutti” e il testo profetico di mons. E. Mori pag. 32 del P.d.l. - 1983 Shalom “Dono di Dio e impegno dell’uomo” dove ci dona tre definizioni di pace: 1) stato di armonia e di equilibrio, uno stare bene in sé stessi e con gli altri integrando cielo e terra con una visione globale con il mondo animale e vegetale. 2) Scambio di vita tra gli uomini nella famiglia, nei gruppi, fra i popoli. Il cammino è faticoso perché l’uomo trova difficile non mettersi al primo posto e considerare gli altri vassalli. 3) Dialogo con Dio e disponibilità a presentare la propria povertà e ricevere la Sua grazia, perché Dio non si conquista, ma si riceve per poi preoccuparsi di restare nella vita trinitaria.

8-Rimaniamo imprigionati nei nostri schemi mentali, ma Gesù rimprovera Nicodemo perché crede di credere ma invece non conosce: perché credere in Dio non è assurdo. Credere nella realtà che ci circonda e lì intuire che c’è qualche cosa di più! Proviamo a vedere oltre le apparenze, apriamo gli occhi, perché c’è di più di ciò che tocchiamo. Ciascuno ha sogni di felicità, ricerca il tesoro, la perla, ha fame di bellezza, di verità e di giustizia che ci danno l’energia di alzarci ogni giorno. Allarghiamo gli orizzonti, guardando attentamente con ammirazione il tempio del mondo, luogo della manifestazione del Risorto per poi passare dentro la realtà nella nostra vita, sempre alla luce della Parola con la forza dello Spirito e scopriremo una realtà misteriosa che è la più autentica, perché lo sguardo è reso penetrante dalla fede e dall’amore con gli occhi grandi come il gufo che forano il buio della notte. Cercando Dio invisibile, si sale a Lui per poi vedere e raggiungere i fratelli.

9- La Chiesa ha bisogno di tornare “casa” e sta vivendo un passaggio di trasformazione e con il Sinodo in cammino insieme, in uscita, in ascolto, affidati allo Spirito Santo così i cristiani non saranno più creditori, ma soggetti attivi dall’io al noi. Le crisi sono occasioni per una crescita personale e collettiva ed una convivenza più giusta, più umana, più pacifica. Gesù ha istituito l’Eucarestia in una casa, i fedeli fanno esperienza di chiesa attorno al banchetto eucaristico, rafforzando i legami di fraternità. Betania è la casa dell’ospitalità in cui Gesù educa Marta e Maria allo stile generativo in un equilibrato intreccio di contemplazione, azione, grazia e libertà. Luca 10,38-42

Qui Marta è padrona di casa, rimprovera il Maestro e la sua indifferenza, è l’emblema della logica dell’efficienza tipica della mentalità consumistica. E’ sola a servire l’ospite, a fare, ma spesso è fuga da sé stessi per zittire un vuoto interiore. E’ combattuta tra il desiderio di accogliere l’ospite e le sue abitudini, è agitata, va in confusione, immagine di dispersione di energie. Gesù interviene per aiutarla a modificare le sue abitudini, non generative e perché deve rivedere le priorità: di una cosa sola c’è bisogno! Gesù è in casa ma non è sufficiente l’incontro fisico per cambiare la logica della gratuità, libertà, dell’apertura all’altro, ascoltando la Parola creatrice di Gesù che è il centro dell’esistenza, contatto con il mondo di Dio, anticipo del Regno definitivo e ricerca dell’essenziale, come fa Maria. La grazia penetra quando si ascolta, suscitando energie e capacità di operare con vigore. (Lettera pastorale “Sinergie”)

10- Spesso diciamo: “lasciami in pace, non venirmi a scombussolare la mia tranquillità!” Preferire vivere nel proprio mondo è una pace data da una chiusura nel proprio benessere, molto diversa dalla pace che ti dona Gesù che ci chiede di uscire da noi stessi, mettere Dio a fondamento della nostra stabilità, speranza e futuro. La pace di Cristo è legata alla Sua Persona, non si è mai soli perché sempre amati da Lui, sempre fedele, anche durante le nostre tempeste, angosce e paure. La pace che ti porta Cristo non è assenza di conflitti, con una vita senza problemi, senza malattie, senza fallimenti e delusioni, perché la vita inevitabilmente non può che confrontarsi con le ombre, con le fatiche, gli alti e bassi perché è l’unico modo che abbiamo per vivere.

AGIRE:
Discernere è un vedere oltre e un vedere dentro; il discernimento è per la decisione e l’azione, non si trasmette in eredità perché è frutto di una vita in ricerca, aperta che valorizza i valori di tutti e ha il coraggio di mettere controcorrente; è profezia di un mondo in maturazione avendo come orizzonte la carità.
La lettura e la meditazione della Parola non è destinata solo a informarsi su Dio ma a trasformarci secondo la forma di Cristo.

La città su quali energie può contare per rispondere alle grandi trasformazioni sociali e pastorali del nostro tempo?

Per andare verso processi di pace bisogna fare piccoli passi, allenarsi giorno dopo giorno per diminuire le conflittualità sorte singolarmente attraverso le opinioni poi insieme con le altre culture, religioni, istituzioni, associazioni si può camminare ed essere capaci di parlare il linguaggio dell’accoglienza, della misericordia, della fraternità: accorgersi – farsi prossimo – curare – e farsi carico di chi soffre.
La pace ha mille sfaccettature, ha bisogno di libertà e di giustizia, non ci può essere pace in una società dove troppi sono senza voce e dignità……
Cosa c’è alla radice della crisi attuale in questo cambiamento d’epoca? Non solo le energie che illuminano le nostre abitazioni (crisi per carenza di carbon fossile) ma quelle che muovono gli uomini come singoli e come comunità: energie umane, sociali, ecclesiali, culturali, caritative, spirituali che circolano nelle nostre famiglie, nelle nostre città, che appaiano in crisi e non in grado di generare e rigenerare vita nuova. Dopo le emergenze sanitarie, belliche, energetiche, finanziarie e climatiche, vi è una grande stanchezza sociale, quindi crisi antropologica e della spiritualità e della speranza circa il destino dell’uomo (cinque suicidi giovanili). Sappiamo che non ci può essere cambiamento senza crisi, né transizione senza messa in discussione della realtà. I processi ci disorientano quando abbandoniamo il “si è fatto sempre così”. Non abbiamo le risorse tecniche, fisiche, umane per installare miliardi di pannelli fotovoltaici e turbine eoliche in poco tempo e quindi senza risparmio energetico non andremo da nessuna parte. Nella Laudato sii 222 il Papa parla di sobrietà, cioè la capacità di godere con poco e tornare alla semplicità e gustare le piccole cose, senza attaccarci a ciò che abbiamo, né rattristarci per ciò che non possediamo. Risuona con forza l’appello urgente di abbandonare la logica delle azioni al singolare perché ai problemi sociali si risponde con reti comunitarie, alleanze fra diversi attori, diocesi, parrocchie, associazioni terzo settore, amministrazioni pubbliche per il bene comune (es. 1000 volontari alla Caritas 9000 ore di lavoro catalizzano le fragilità e le persone vulnerabili facendosi prossimi, creando reti di ascolto e cultura inclusiva, attenti ai diversi linguaggi. Sono necessari: 1) osservare le fragilità e i bisogni 2) territorio 3) presenza istituzioni. Matteo 25).

Possiamo parlare di sinergie cioè lavorare con, operare insieme perché siamo tutti interconnessi (sostenibilità integrale). Bisogna educare con una lotta allo spreco e poi dato che le risorse umane comunitarie sono soggette alla dispersione è necessario collaborazione, coordinamento per evitare duplicazione di servizi e sovrapposizione di iniziative simili. E’ necessario divenire lievito del Vangelo nella pasta della società, nel pieno rispetto delle differenze di pensiero e di missione, costruendo insieme il bene delle persone che abitano lo stesso territorio. Si accorcia la distanza fra la Chiesa e il mondo civile, professionale, culturale, scolastico, sportivo e del volontariato attraverso tavoli di cittadinanza e laboratori.
I problemi vanno risolti in modo creativo (creatività = forza che trasforma) sviluppando una comunione delle differenze, testimoniando il Vangelo del Regno nel mondo della cultura, del lavoro della cura delle fragilità, dell’economia; mettendo in campo le energie nuove e i talenti che il Signore dona a ciascuno al servizio degli altri. La rete relazionale è la sfida ed è un patrimonio immateriale prezioso perché aiuta a migliorare le condizioni del vivere e genera una società più giusta e più umana. E’ un intreccio di storie passate, di cammini, di legami, del noi al posto dell’io, di energie che danno linfa al vivere comune.

Cambiamo mentalità perché la vera promozione della persona umana riconosce che ogni uomo, anche il più debole, il più povero dispone di energie e risorse da mettere in circolazione e donare. Inclusione non è pietà del forte che concede spazio al debole, ma riconosce che in una società solidale non esistono autosufficienze in quanto tutti necessitano di tutti gli altri. I nostri sono tempi non di carità dei ricchi verso i poveri ma di giustizia e restituzione di diritti ridonando all’uomo la dignità. I poveri vanno amati in gratuità, sono segno di un mondo che non ha saputo fare giustizia per tutti e che ha vissuto sulla legge del privilegio, del più forte.

Tutti gli attori sociali devono formare gli altri e formarsi in una logica sinergica, interconnessa; le famiglie e le generazioni degli anziani con il loro patrimonio di esperienze e sapere, le organizzazioni operanti sul territorio con le proposte tipo culturali……, artistico ricreative……. in una dinamica di reciprocità, sempre valorizzando le risorse dell’intelligenza, dell’umanità, della creatività e della compassione.

Sono vie previlegiate con al centro Cristo Risorto, concentrando le energie sull’essenziale. Solo uniti a Lui possiamo vivere e solo in comunione con lui possiamo attivare sinergie che generano futuro nella Chiesa e nel mondo. Atti 17,22-28. Daniela Borghi

Sintesi del gruppo Mambelli – Ferrara

Nel Gruppo si è affrontato il tema della  PACE a partire dalle numerose notizie dei fatti  dolorosi inerenti alla guerra in Ucraina

  • Tutti concordano che si è trattato di un atto di sopraffazione e di prepotenza
  • Le fonti di informazione sono stati i vari telegiornali e la stampa (specialmente “La Repubblica” e “Avvenire”)
  • Abbiamo convenuto che erano piuttosto superficiali le nostre conoscenze storiche per comprendere le ragioni che hanno portato al conflitto.
  • Nel gruppo si sono evidenziate due prese di posizione diverse: a) chi giustifica l’uso delle armi per la difesa del proprio paese,  b) chi ritiene che si possa costruire una difesa non violenta puntando su dialogo ad oltranza, facendo anche qualche concessione al “nemico”.  Tutti concordano sul fatto che l’Europa dovrebbe far sentire la sua voce, non tanto con le sanzioni che gravano sulle popolazioni più deboli, ma con ripetute iniziative per sospendere le ostilità e cercare  accordi di Pace.
  • Tutti ritengono che l’intervento dell’America e soprattutto della NATO sia stato un aggravante del conflitto e una ulteriore radicalizzazione delle posizioni.
  • Si concorda sul fatto che continuare a produrre e commercializzare armi (che non conoscono confini) sia una delle cause delle guerre.

RIFLESSIONI

  • Le mentalità emerse, che ci riguardano anche personalmente, sono: la ricerca del potere, il prevalere sull’altro, la mancanza di fiducia nel dialogo, la scarsa conoscenza o la non accettazione delle diversità culturali. Si rileva anche da un lato la scarsa incidenza delle religioni, relegate a riti, dall’altro la loro strumentalizzazione con l’asservimento al potere (Vds Kirill e la benedizione delle armi)
  • Ci si è resi conto che le Encicliche di Papa Francesco “Laudato sì e Fratelli tutti” sono altamente profetiche: contengono  una visione globale  dei problemi che sono interconnessi a livello sociale, economico ed ambientale.  Con i suoi continui appelli,  il Papa invita a cercare tutti i mezzi per costruire una pace giusta e ragionevole.

Con la guerra sono i poveri che subiscono le maggiori conseguenze; le risorse  vengono impiegate per distruggere e costruire  armi sempre più potenti; l’ambiente viene  violentato a causa di scelte che tengono conto più del consenso immediato che di una visione  lungimirante.

La FEDE ci aiuta a capire che :

  • Gli atteggiamenti che possono favorire la Pace devono partire dall’educazione di ogni persona. Essi devono favorire il dialogo, l’ascolto delle ragioni dell’altro, il difendere le proprie posizioni senza violenza, accettando anche talvolta di essere “perdenti” per il bene comune, per far emergere una posizione nuova.

ESPERIENZE

  • Nel nostro piccolo, il gruppo si sta facendo carico del sostegno ad una famiglia pachistana (mamma e due bambini) e sta sperimentando cosa significa dare un aiuto per l’integrazione rispettando differenze sociali, culturali e religiose: anche questo è un piccolo allenamento a costruire percorsi di Pace
  • La partecipazione agli incontri Sinodali ha fatto emergere come nel gruppo R.C. fosse già applicato il metodo dell’ascolto profondo e  come nella Chiesa  sia ancora  da promuovere.
  • Abbiamo posto più attenzione ai consumi (vedi limitazioni nel riscaldamento) ed al rispetto dell’ambiente partecipando ad alcune iniziative promosse dai “Circoli Laudato sì”. 

Una valutazione su guerra, armi e pace – Un gruppo romano
Non pace a tutti i costi sulla pelle di altri. Alcune manifestazioni sono ambigue. Il gruppo ha discusso sulla manifestazione del 5 novembre a cui hanno partecipato Nicoletta, Francesca e Flaminia. E’ stata notata la disparità e l’incompletezza della grande informazione: sullo stesso piano Roma (100mila e 600 sigle) e Milano (1000); lo spazio è stato dedicato come sempre al teatrino della politica.
Quindi da parte nostra c’è un grande imbarazzo generale in questo momento storico con una Informazione di parte, con l’invio e la crescita delle armi, con una crisi economica che avanza e con una grande paura del nucleare
Oggi invocare la pace è un’utopia ma anche una speranza, è più realistico cercare un cessate il fuoco. Ma la Pace deve essere giusta o non è pace
Quale è il ruolo dell’Europa? E delle organizzazioni internazionali?
Sono 30 anni di subbuglio in seguito alla caduta del muro e dei conseguenti equilibri. Difficile giudicare la situazione ucraina

Nicoletta invita a rifletter sulla proposta Zamagni
Quali dunque i punti qualificanti di una proposta volta ad ottenere, un accordo di pace positiva? Ne indico sette.
1) Neutralità dell’Ucraina che rinuncia all’ambizione nazionale di entrare nella Nato, ma che conserva la piena libertà di diventare parte dell’Ue, con tutto ciò che questo significa. Una risoluzione dell’Onu deve essere adottata per assicurare meccanismi di monitoraggio internazionali per il rispetto degli accordi di pace.
2) L’Ucraina ottiene la garanzia della propria sovranità, indipendenza, e integrità territoriale; una garanzia assicurata dai 5 membri permanenti delle Nazioni Unite (Cina, Francia, Russia, Uk, Usa) oltre che dall’Ue e dalla Turchia.
3) La Russia conserva il controllo de facto della Crimea per un certo numero di anni ancora, dopodiché le parti cercano, per via diplomatica, una sistemazione de iure permanente. Le comunità locali usufruiscono di accesso facilitato sia all’Ucraina sia alla Russia; oltre alla libertà di movimento di persone e risorse finanziarie.
4) Autonomia delle regioni di Lugansk e Donetsk entro l’Ucraina, di cui restano parte integrante, sotto i profili economico, politico, e culturale.
5) Accesso garantito a Russia e Ucraina ai porti del Mar Nero, per lo svolgimento delle normali attività commerciali.
6) Rimozione graduale delle sanzioni occidentali alla Russia in parallelo con il ritiro delle truppe e degli armamenti russi dall’Ucraina.
7) Creazione di un Fondo Multilaterale per la Ricostruzione e lo Sviluppo delle aree distrutte e seriamente danneggiate dell’Ucraina, un fondo al quale la Russia è chiamata a concorrere sulla base di predefiniti criteri di proporzionalità. (L’esperienza storica del Piano Marshall è di aiuto a tale riguardo).

Ho motivo di ritenere che una proposta del genere, se opportunamente presentata e saggiamente gestita per via diplomatica, possa essere favorevolmente accolta dalle parti in conflitto. Forse l’ostacolo maggiore per una pace negoziata è la paura della negoziazione stessa. I politici e i capi di governo, infatti, temono di essere percepiti dalle rispettive constituencies o come pacifisti ingenui oppure come opportunisti con secondi fini. (…) Ecco perché, in una situazione come l’attuale, il ruolo dei costruttori di pace è fondamentale. La mobilitazione della società civile internazionale tesa a dare vita a una 'Alleanza per la Pace' è oggi, una iniziativa urgente e altamente meritoria.

Riflettendo don Renzo ci ricorda come nell’est dell’Europa i confini sono stati sempre labili, e nel secolo precedente si sono consumate grandi tragedie che non è bene ignorare.
Enorme è divenuto il peso dell’economia e della finanza, dell’industria delle armi e tutto ciò mina la possibilità di pace e di una pace giusta
Occorre riprendere la via diplomatica perché è necessaria una autorità al di sopra dei belligeranti. Riprendiamo in mano la carta dei Diritti dell’uomo e insistiamo perché l’Europa faccia maggiormente la sua parte
In tutto questo travaglio non vediamo molta presenza dei giovani, ma forse siamo noi a non vederli

TESTI PER LA VALUTAZIONE

Pacem in terris
Disarmo 59. Ci è pure doloroso costatare come nelle comunità politiche economicamente più sviluppate si siano creati e si continuano a creare armamenti giganteschi; come a tale scopo venga assorbita una percentuale altissima di energie spirituali e di risorse economiche; gli stessi cittadini di quelle comunità politiche siano sottoposti a sacrifici non lievi; mentre altre comunità politiche vengono, di conseguenza, private di collaborazioni indispensabili al loro sviluppo economico e al loro progresso sociale.

Gli armamenti, come è noto, si sogliono giustificare adducendo il motivo che se una pace oggi è possibile, non può essere che la pace fondata sull’equilibrio delle forze. Quindi se una comunità politica si arma, le altre comunità politiche devono tenere il passo ed armarsi esse pure. E se una comunità politica produce armi atomiche, le altre devono pure produrre armi atomiche di potenza distruttiva pari.

60. In conseguenza gli esseri umani vivono sotto l’incubo di un uragano che potrebbe scatenarsi ad ogni istante con una travolgenza inimmaginabile. Giacché le armi ci sono; e se è difficile persuadersi che vi siano persone capaci di assumersi la responsabilità delle distruzioni e dei dolori che una guerra causerebbe, non è escluso che un fatto imprevedibile ed incontrollabile possa far scoccare la scintilla che metta in moto l’apparato bellico. Inoltre va pure tenuto presente che se anche una guerra a fondo, grazie all’efficacia deterrente delle stesse armi, non avrà luogo, è giustificato il timore che il fatto della sola continuazione degli esperimenti nucleari a scopi bellici possa avere conseguenze fatali per la vita sulla terra.
Per cui giustizia, saggezza ed umanità domandano che venga arrestata la corsa agli armamenti, si riducano simultaneamente e reciprocamente gli armamenti già esistenti; si mettano al bando le armi nucleari; e si pervenga finalmente al disarmo integrato da controlli efficaci. "Non si deve permettere — proclama Pio XII — che la sciagura di una guerra mondiale con le sue rovine economiche e sociali e le sue aberrazioni e perturbamenti morali si rovesci per la terza volta sull’umanità" [48].

Segni dei tempi
67. Si diffonde sempre più tra gli esseri umani la persuasione che le eventuali controversie tra i popoli non debbono essere risolte con il ricorso alle armi; ma invece attraverso il negoziato.
Vero è che sul terreno storico quella persuasione è piuttosto in rapporto con la forza terribilmente distruttiva delle armi moderne; ed è alimentata dall’orrore che suscita nell’animo anche solo il pensiero delle distruzioni immani e dei dolori immensi che l’uso di quelle armi apporterebbe alla famiglia umana; per cui riesce quasi impossibile pensare che nell’era atomica la guerra possa essere utilizzata come strumento di giustizia.
Però tra i popoli, purtroppo, spesso regna ancora la legge del timore. Ciò li sospinge a profondere spese favolose in armamenti: non già, si afferma — né vi è motivo per non credervi — per aggredire, ma per dissuadere gli altri dall’aggressione.
È lecito tuttavia sperare che gli uomini, incontrandosi e negoziando, abbiano a scoprire meglio i vincoli che li legano, provenienti dalla loro comune umanità e abbiano pure a scoprire che una fra le più profonde esigenze della loro comune umanità è che tra essi e tra i rispettivi popoli regni non il timore, ma l’amore: il quale tende ad esprimersi nella collaborazione leale, multiforme, apportatrice di molti beni.

FRANCESCO - INCONTRO CON I MEMBRI DELL'ASSEMBLEA GENERALE DELL'ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE - New York, 25 settembre 2015
…La guerra è la negazione di tutti i diritti e una drammatica aggressione all’ambiente. Se si vuole un autentico sviluppo umano integrale per tutti, occorre proseguire senza stancarsi nell’impegno di evitare la guerra tra le nazioni e tra i popoli.
A tal fine bisogna assicurare il dominio incontrastato del diritto e l’infaticabile ricorso al negoziato, ai buoni uffici e all’arbitrato, come proposto dalla Carta delle Nazioni Unite, vera norma giuridica fondamentale. L’esperienza dei 70 anni di esistenza delle Nazioni Unite, in generale, e in particolare l’esperienza dei primi 15 anni del terzo millennio, mostrano tanto l’efficacia della piena applicazione delle norme internazionali come l’inefficacia del loro mancato adempimento. Se si rispetta e si applica la Carta delle Nazioni Unite con trasparenza e sincerità, senza secondi fini, come un punto di riferimento obbligatorio di giustizia e non come uno strumento per mascherare intenzioni ambigue, si ottengono risultati di pace. Quando, al contrario, si confonde la norma con un semplice strumento da utilizzare quando risulta favorevole e da eludere quando non lo è, si apre un vero vaso di Pandora di forze incontrollabili, che danneggiano gravemente le popolazioni inermi, l’ambiente culturale, e anche l’ambiente biologico.
Il Preambolo e il primo articolo della Carta delle Nazioni Unite indicano le fondamenta della costruzione giuridica internazionale: la pace, la soluzione pacifica delle controversie e lo sviluppo delle relazioni amichevoli tra le nazioni. Contrasta fortemente con queste affermazioni, e le nega nella pratica, la tendenza sempre presente alla proliferazione delle armi, specialmente quelle di distruzione di massa come possono essere quelle nucleari. Un’etica e un diritto basati sulla minaccia della distruzione reciproca – e potenzialmente di tutta l’umanità – sono contraddittori e costituiscono una frode verso tutta la costruzione delle Nazioni Unite, che diventerebbero “Nazioni unite dalla paura e dalla sfiducia”. Occorre impegnarsi per un mondo senza armi nucleari, applicando pienamente il Trattato di non proliferazione, nella lettera e nello spirito, verso una totale proibizione di questi strumenti.
Il recente accordo sulla questione nucleare in una regione sensibile dell’Asia e del Medio Oriente, è una prova delle possibilità della buona volontà politica e del diritto, coltivati con sincerità, pazienza e costanza. Formulo i miei voti perché questo accordo sia duraturo ed efficace e dia i frutti sperati con la collaborazione di tutte le parti coinvolte.
In tal senso, non mancano gravi prove delle conseguenze negative di interventi politici e militari non coordinati tra i membri della comunità internazionale. Per questo, seppure desiderando di non avere la necessità di farlo, non posso non reiterare i miei ripetuti appelli in relazione alla dolorosa situazione di tutto il Medio Oriente, del Nord Africa e di altri Paesi africani, dove i cristiani, insieme ad altri gruppi culturali o etnici e anche con quella parte dei membri della religione maggioritaria che non vuole lasciarsi coinvolgere dall’odio e dalla pazzia, sono stati obbligati ad essere testimoni della distruzione dei loro luoghi di culto, del loro patrimonio culturale e religioso, delle loro case ed averi e sono stati posti nell’alternativa di fuggire o di pagare l’adesione al bene e alla pace con la loro stessa vita o con la schiavitù.
Queste realtà devono costituire un serio appello ad un esame di coscienza di coloro che hanno la responsabilità della conduzione degli affari internazionali. Non solo nei casi di persecuzione religiosa o culturale, ma in ogni situazione di conflitto, come in Ucraina, in Siria, in Iraq, in Libia, nel Sud-Sudan e nella regione dei Grandi Laghi, prima degli interessi di parte, pur se legittimi, ci sono volti concreti. Nelle guerre e nei conflitti ci sono persone, nostri fratelli e sorelle, uomini e donne, giovani e anziani, bambini e bambine che piangono, soffrono e muoiono. Esseri umani che diventano materiale di scarto mentre non si fa altro che enumerare problemi, strategie e discussioni.
Come ho chiesto al Segretario Generale delle Nazioni Unite nella mia lettera del 9 agosto 2014, «la più elementare comprensione della dignità umana [obbliga] la comunità internazionale, in particolare attraverso le norme e i meccanismi del diritto internazionale, a fare tutto il possibile per fermare e prevenire ulteriori sistematiche violenze contro le minoranze etniche e religiose» e per proteggere le popolazioni innocenti….
Ho iniziato questo intervento ricordando le visite dei miei predecessori. Ora vorrei, in modo particolare, che le mie parole fossero come una continuazione delle parole finali del discorso di Paolo VI, pronunciate quasi esattamente 50 anni or sono, ma di perenne valore. «È l’ora in cui si impone una sosta, un momento di raccoglimento, di ripensamento, quasi di preghiera: ripensare, cioè, alla nostra comune origine, alla nostra storia, al nostro destino comune. Mai come oggi [...] si è reso necessario l’appello alla coscienza morale dell’uomo [poiché] il pericolo non viene né dal progresso né dalla scienza: questi, se bene usati, potranno anzi risolvere molti dei gravi problemi che assillano l’umanità» (Discorso ai Rappresentanti degli Stati, 4 ottobre 1965). Tra le altre cose, senza dubbio, la genialità umana, ben applicata, aiuterà a risolvere le gravi sfide del degrado ecologico e dell’esclusione. Proseguo con le parole di Paolo VI: «Il pericolo vero sta nell’uomo, padrone di sempre più potenti strumenti, atti alla rovina ed alle più alte conquiste!» (ibid.).
La casa comune di tutti gli uomini deve continuare a sorgere su una retta comprensione della fraternità universale e sul rispetto della sacralità di ciascuna vita umana, di ciascun uomo e di ciascuna donna; dei poveri, degli anziani, dei bambini, degli ammalati, dei non nati, dei disoccupati, degli abbandonati, di quelli che vengono giudicati scartabili perché li si considera nient’altro che numeri di questa o quella statistica. La casa comune di tutti gli uomini deve edificarsi anche sulla comprensione di una certa sacralità della natura creata.
Tale comprensione e rispetto esigono un grado superiore di saggezza, che accetti la trascendenza – quella di sé stesso – rinunci alla costruzione di una élite onnipotente e comprenda che il senso pieno della vita individuale e collettiva si trova nel servizio disinteressato verso gli altri e nell’uso prudente e rispettoso della creazione, per il bene comune. Ripetendo le parole di Paolo VI, «l’edificio della moderna civiltà deve reggersi su principii spirituali, capaci non solo di sostenerlo, ma altresì di illuminarlo e di animarlo» (ibid.)….
Il mondo contemporaneo apparentemente connesso, sperimenta una crescente e consistente e continua frammentazione sociale che pone in pericolo «ogni fondamento della vita sociale» e pertanto «finisce col metterci l’uno contro l’altro per difendere i propri interessi» (Enc. Laudato sì, 229). Il tempo presente ci invita a privilegiare azioni che possano generare nuovi dinamismi nella società e che portino frutto in importanti e positivi avvenimenti storici (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 223).
Non possiamo permetterci di rimandare “alcune agende” al futuro. Il futuro ci chiede decisioni critiche e globali di fronte ai conflitti mondiali che aumentano il numero degli esclusi e dei bisognosi….