LicioI gruppi di Rinascita Cristiana stanno sviluppando nella meditazione proposta dal piano di Lavoro, il tema dell’Alleanza e, a partire dal seminario estivo, quello di un pensare critico; sono per noi un invito ad un sano discernimento e ad un valido impegno.

Cosa c’è in un nome?

What’s in a name? that which we call a rose… – si chiederebbe la Giulietta di Shakespeare.

Cosa c’è dentro la parola diathêke (che traduciamo con ‘alleanza, testamento’)? E dentro la parola lógos (che noi traduciamo con ‘Verbo, Parola’)?

 

Ci sono familiari le parole che ci introducono al Quarto Vangelo: ‘in principio era “il” lógos”, ed anche quelle dell’ultima cena:  questo è il sangue della diathêke  nuova ed eterna. Non pretendo qui di illustrarle con completezza; presento solo alcune suggestioni, ben fondate, per la riflessione di ognuno a partire dal lessico con cui il Nuovo Testamento ne parla. Si tratta di due parole, di due categorie teologiche che, a ben guardare, si rivelano straordinariamente correlate; ci raccontano la storia di due realtà, quella umana e quella divina, e del loro perenne intrecciarsi. Condenso in due immagini il significato originario dei due termini greci, per quanto attiene il tema della nostra riflessione: divenire alleanza, così come la linguistica ce li presenta.

Lógos: pensiamo al gesto, alla mano del contadino che raccoglie, mette insieme in modo ordinato intelligente le spighe di frumento e le lega insieme. Alla mano che compone un mazzo di fiori; c’è ordine, armonia che nascono da intelligenza, da attenzione “critica” e passione: è un pensare che diventa azione così come l’energia genera il movimento; ed è azione che crea unione.

Potremmo dire che lógos è forza generatrice del reale.[1]  Il tema da riprendere e meditare è stato ben illustrato dal professor Calogero Caltagirone.

Diathêke: ci rimanda al verbo greco dia-tithemi ( porre qua e là, disporre, mettere in un certo modo); inizialmente era ricorrente nel mondo commerciale, per indicare il computo e le trattative. L’immagine che potrebbe riassumere l’idea originaria di diathêke è quella del puzzle. Infatti, letteralmente significa dis-posizione; indica una struttura di rapporti; denota il mettere insieme cose diverse tra loro, con un senso preciso, e tenerle in ordine. Come quando si mettono insieme in modo ordinato  le pezze giustificative, i tagliandini delle spese varie ai fini di un rendiconto economico. Se lógos è pensiero, amore, armonia che diviene realtà, la diathêke indirizza, tiene nel giusto ordine la realtà, rafforza e ristabilisce anche un’armonia perduta. E’ il modo con cui lógos agisce, modo concreto, ottimale che garantisce il buon funzionamento del tutto. Diathêke è un termine che indica una dis-posizione, una struttura di rapporti. Una dis-posizione definitiva, che non può essere modificata, è il testamento. Di qui l’espressione “Nuovo Testamento” per indicare gli scritti propri del tempo della nuova alleanza.

Divenire alleanza.

Nel parlare comune, parliamo di entrare in un’alleanza, accettare un’alleanza. Esprimiamo impegni, situazioni, obblighi concreti cui non sempre corrisponde un pensare adeguato. E’ come dire: ‘fare opere di pace, costruire ponti o muri…fare del bene al prossimo’ -  altro è dire ‘farsi prossimo, essere, divenire ponti, muri, gente di pace’. San paolo ci dice: “Cristo è la nostra pace”. Qui il pensare, l’agire, il volere, il sentire sono un tutt’uno. Significa disponibilità completa, totale del nostro essere per una causa. C’è una leggera ma importante differenza nei due modi di esprimerci.

La struttura dei rapporti con Dio nell’antico Israele era una struttura di fedeltà alla legge e la legge era espressione dell’amore fedele e provvidente di Dio. Con il dono della Legge, Israele riceveva anche il dono della promessa: una terra da abitare e un popolo da costruire; una pace da raggiungere attraverso la verità e la giustizia. E’ struggente, ascoltare le parole di Mosè in Dt 29,23-26  e veder profilarsi all’orizzonte della storia la débâcle di Israele che ha rotto l’alleanza con il suo Dio e ha seguito altri dei; perché alleanza è anche fedeltà reciproca di tipo coniugale come ci dicono le immagini sponsali con cui spesso ne parla la Bibbia. E tuttavia Mosè vede anche il giorno in cui Dio “ti circonciderà il cuore” (Dt 30,6) – come dire : Dio darà ad Israele un cuore nuovo. Testo di Dt che riprende ed esalta la promessa di Dio di cui parla Ger 31,31 ss.

Nel Nuovo Testamento Gesù parla di Regno di Dio e la predicazione degli apostoli parla di Gesù. Il termine diathêke appare poche volte: nei racconti dell’ultima cena, nella lettera agli Ebrei; in Paolo appare con riferimento all’antico Israele. E tuttavia è significativo è il fatto che la parola alleanza sia Gesù ad usarla nell’ultima cena nel gesto che tutto riassume ed esplicita e che viene affidato ai discepoli come memoria fondante.  Il comando “fate questo” diviene memoria rituale: “in memoria di me”. Nel Deuteronomio il comando “Ricordati…” accompagna come un mantra esortazione morale e legislazione fino a divenire esso stesso rito. E’ memoria rituale che fonda la possibilità ed esprime la consapevolezza e la volontà di entrare nell’alleanza, in un sistema di rapporti offerto da Dio perché il suo popolo “abbia la vita”. Quando Gesù dice: IO sono la via, la verità, la vita, in fondo, ci fa capire che è lui l’alleanza: nuova ed eterna. E noi suoi discepoli siamo chiamati, uniti a lui, a divenire alleanza. Basta ascoltare con fede e amore la parole di Gesù in Gv 14-17.

Alleanza nuova ed eterna. 

 Le parole di Gesù sul vino  (formula interpretativa) sono al centro della celebrazione eucaristica “fonte e culmine della vita della chiesa”. Queste dunque le parole sul vino: Questo è il calice del mio sangue per la nuova ed eterna alleanza versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me.[2] Alcune note tanto per ricordarci, non per approfondire, su alcune parole chiave.

Calice e sangue: ci dicono del rito perenne con cui si rafforza la consapevolezza, la volontà e la speranza di una struttura di rapporti all’interno del popolo e con il Dio dell’Esodo e del Sinai, Dio liberatore ( il sangue dell’agnello pasquale) e Dio misericordioso (sangue dell’aspersione).

Sangue e alleanza: il sangue è la vita e il sangue di Gesù è la sua  vita data, consumata, offerta a Dio a nostro vantaggio; Nella Lettera agli Ebrei c’è un bel riferimento al sangue della giovenca, sparso sul popolo.

 “LA” alleanza (diathêke) nuova (kainé) ed eterna (aionìon) [3]: riferimenti chiari a causa del contesto ci portano a Ger 31,31-34: «Ecco: verranno giorni, oracolo del Signore, in cui stipulerò con la casa di Israele e con la casa di Giuda un' alleanza nuova…”; e ad Ez 37,26-27 stringerò con loro un’alleanza di pace; alleanza eterna con loro… Sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo.[4]

Quando diciamo che Cristo “è” l’alleanza, non possiamo non pensare ai canti di Isaia sul “servo di yhwh”. Ad esempio Is 42,1-7: “Ecco il mio servo, che io sostengo, il mio eletto, nel quale l' anima mia si compiace. Ho posto il mio spirito sopra di lui; egli proclamerà il diritto alle nazioni.  (…)  Io, yhwh, ti ho chiamato nella giustizia e ti ho afferrato per mano, ti ho formato e ti ho stabilito alleanza di popolo e luce delle nazioni,   per aprire gli occhi dei ciechi, far uscire dal carcere i prigionieri e dalla prigione gli abitatori delle tenebre”. Ma possiamo anche guardare in Is 49,7ss.[5] In Isaia, quando si parla del “Servo di yhwh” si esprime chiaramente l’idea di un personaggio misterioso, ma reale, che con la sua esistenza si fa mediatore, garante, rende possibile un rapporto innovativo con Dio; diviene segno e strumento di salvezza.

La lettera agli Ebrei.

Con la scusa che è un testo molto intenso e un po’ difficile  si rischia di perdere un aspetto importante dell’esperienza religiosa anche di un cristiano laico: il divenire alleanza. Sullo sfondo dello scritto sta l’accostamento tra antica alleanza, con il sacerdozio e riti del culto che la caratterizzano, e la centralità di Cristo, fulcro del nuovo sistema di rapporti con Dio.

    Propongo di tenere in considerazione tre passaggi  centrali; sono utili per la nostra riflessione.

(a) “Ogni sommo sacerdote” nell’antica alleanza è stato costituito “per offrire doni e sacrifici”  (8,1-3) a nome del popolo con riti che si ripetono ogni anno. Gesù, invece, offre “una volta per sempre” (10,10) se stesso a vantaggio del popolo, per la remissione dei peccati.. Infatti “egli ha ricevuto un ministero (un ruolo ed un compito cultuale) tanto più eccellente [ di quello dell’antico sommo sacerdote] quanto migliore è l’alleanza di cui è mediatore, perché è fondata su migliori promesse. (8,1-6). (b) Gesù appare come il “mediatore” di una “alleanza nuova”; infatti  “il sangue di Cristo – il quale, in forza di uno Spirito eterno, offrì se stesso senza macchia a Dio, - ha purificato la nostra coscienza dalle opere di morte perché serviamo al Dio vivente” (cfr. 9,13-14). (c) “Non hai gradito né olocausti né sacrifici per i peccati. Allora ho detto: ‘Ecco, io vengo… per fare , o Dio, la tua volontà’. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù cristo, una volta per sempre” …(cfr. 10,6-16).

Perché solo Gesù riesce a stabilire una struttura di rapporti, un’alleanza  tra l’umanità e Dio inedita (kainé) e definitiva, immutabile, eterna? La chiave della risposta, la troviamo nell’inciso di Eb 9,14: Gesù “in forza di uno Spirito (pneuma) eterno offrì se stesso”. E’ un testo un po’ enigmatico e ciò spiega la varietà delle interpretazioni..

Esprimono il legame stretto In Gesù tra libera volontà e azione fino all’effusione del sangue.

“In forza di uno Spirito eterno” significa che Gesù di Nazareth ha fatto proprio in modo pieno, perfetto lo Spirito di Dio; solo lui poteva farlo perché aveva … le fisique du role. Ha respirato – potremmo dire - a pieni polmoni l’aria purissima di Dio; ha fatto proprio il suo respiro, il suo Spirito: identità perfetta di volere e di sentire; volere ciò che Dio vuole, amare ciò che Dio ama…

“offrì se stesso, senza macchia”: egli è il figlio nel quale il padre si compiace. Egli si mette davanti a Dio, a sua disposizione; lo fa a nome dei suoi fratelli  con i quali si fa profondamente solidale e di cui si sente responsabile. [6]

Ed è da questa volontà solidale che si fa offerta di sé che noi siamo salvati. Ci ricordiamo della pagina del Vangelo, quando il giovane afferma che l’amore a Dio e al prossimo val più di tutti i sacrifici e gli olocausti. E Gesù che conferma: fa questo e vivrai.

Fedeli a Dio e fedeli all’uomo.

E’ lo slogan con cui RC esprime il suo anelito di solidarietà profonda con l’umanità e di conformità al volere di Dio. Il tema dell’alleanza in RC non è una divagazione spirituale o intellettuale. Penso illustri molto da vicino la proposta interiore che il movimento fa ai suoi aderenti. E abbiamo anche bisogno di lasciarci coinvolgere sempre più ogni volta che affermiamo: “In principio era il LOGOS    egli era la luce   … e la vita del mondo … e il LOGOS si è fatto carne”: non sono parole! Sono ciò che noi siamo! E sappiamo che l’agire (qualsiasi agire) è conseguente all’essere, secondo il vecchio adagio latino… Ce ne ha parlato molto bene il professor Caltagirone.

Penso anche che oggi ci sia bisogno di persone che si mettono a servizio di tutto ciò che unisce, che crea armonia: siano segno e strumento (sacramento!) di comunione. Parliamo tanto, oggi, di società liquida, di frantumazione, di schizofrenia, sembra manchi il materiale utile per costruire umanità, futuro, convivenza…Parliamo di diffuse fratture profonde nella personalità, una convivenza civile e internazionale sempre più selvaggia, un rapporto sempre più tenue tra fede e culture, una distanza pericolosa tra mistero di Dio e mistero dell’uomo.

Il tutto non si supera con un semplice atteggiamento di bontà universale, di compassione o di indifferenza verso un tempo che giudichiamo senza vie d’uscita, senza uscite di sicurezza, statico; si supera invece accettando i limiti, entrando nei conflitti, ricomponendo le diversità senza annullarle. Il puzzle, appunto, la complementarietà, l’armonia![7]

L’uscita di sicurezza del tempo presente è racchiusa nel mistero del LOGOS. Mi piace immaginare Dio che “in principio” pensa-ad-alta-voce: sia luce; e fu luce. Il LOGOS creatore! Il pensare di Dio che genera il reale, bello e buono (kalón!) E il LOGOS fatto carne e presente in quanti lo hanno accolto; essi respirano con il suo respiro, amano con il suo amore: amano Dio e l’umanità fedeli alla volontà del Dio che è amore, padre e solidali con questa umanità; la amano perché è la loro famiglia, con essa attraversano il bene e il male e si sentono responsabili della sua gioia.

Forse il vero amore a Dio è quello di presentargli insieme a Cristo, nostra alleanza, nostra riconciliazione, nostra pace, il nostro amore per questa umanità della quale siamo impastati nella nostra coscienza, nei sentimenti, nella preghiera, nei gesti concreti del vivere; anzi presentarci davanti a lui , tirandoci dietro questa umanità e dirgli: eccomi, io e i miei fratelli nella tua casa. Gesù nell’ultima cena prega il Padre e dice (Gv 17,17 ss.): “Consacrali (i discepoli miei) nella verità: la tua parola è verità. Per essi io consacro me stesso perché anch’essi siano consacrati nella verità”. Significa : Gesù offre se stesso, si mette fino alla fine a disposizione completa della volontà di Dio; unirsi a Cristo significa mettersi fino alla fine a disposizione completa della volontà di Dio: significa essere fedeli a Dio e all’uomo.

Dietrich Bonhoeffer, teologo luterano, il 20 gennaio 1944 scrisse nel campo di concentramento nazista: “Dio e la sua eternità devono essere amati da noi pienamente. Ma questo amore non deve nuocere ad un amore terrestre, né affievolirlo”. Un anno dopo, all’alba del 9 febbraio 1945, Bonhoeffer venne impiccato a Flossemburg. Nella sua cella trovarono la Bibbia e Goethe: il massimo dei libri sacri e il massimo dei libri profani. Due simboli. L’uno, della passione per il cielo. L’altro, della passione per la terra. Già un altro teologo protestante, Karl Barth, aveva detto che il cristiano del XX secolo si caratterizza per il fatto che sulla scrivania ha da una parte la Bibbia e dall’altra il giornale. E un grande politico, Giorgio La Pira, ripeteva che il cristiano deve pregare contemplando il mappamondo sul comodino.


Alla base dei rapporti tra Dio e l’umanità c’è un Dio che… soffre di solitudine ed un’umanità che ha bisogno di qualcuno che si prenda cura di lei. C’è una ricerca reciproca, quasi un bisogno di condivisione, di unione di destini; ce lo dicono le metafore bibliche legate al mondo degli affetti: la paternità, la fratellanza; soprattutto la metafora nuziale - io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Il libro della sapienza, dice che Dio ha provato i giusti e li ha trovati “degni di sé”. Pensiamo anche alla circolarità di amore che unisce perfettamente il Padre, il Figlio e i discepoli di Gesù nel vangelo di Giovanni… Ci ricordiamo che nella nostra visione cristiana il cammino della storia e dell’universo inizia con una relazione, un Tu e un NOI : maschio e femmina lo creò… a sua immagine lo creò…. E Dio passeggiava con l’uomo nell’Eden.  Al termine della storia ritroviamo l’umanità redenta, riscattata dal male accanto a Dio nei cieli e nella terra nuovi. E il rapporto nuziale uomo-donna, che parla di reciprocità perfetta, di amore unificante, diviene metafora per parlare del rapporto definitivo tra Dio e l’umanità: Il compimento della alleanza nuova ed eterna: il dono promesso nella nuova alleanza,  frutto della fedeltà di Gesù a Dio e all’uomo, non è la terra, non è la pace, ma è Dio stesso.


[1] Cfr. Debrunner,  “Légô” in GLNT VI, col. 201 ss; Kleinkneck: “Lógos nella grecità e nell’ellenismo, GLNT VI, col. 220 ss.. La radice leg- in Greco e in latino indica: (a) |riunire, raccogliere in modo ordinato|; c’è l’idea di ordine, successione, crescita; (b) di qui enumerazione di cose o di eventi, calcolare, |mettere in conto|, tenere in considerazione; (c) di qui raccogliere in modo ordinato non numeri, ma lettere dell’alfabeto e parole, ossia narrare, descrivere, raccontare - questo avviene già con Omero. Di qui procedono e si sviluppano i significati: (a) narrazione come enumerazione di singole parole (èpê) nella formazione del discorso ed anche la cosa narrata, ciò che c’è nel discorso; (b) calcolo e risultato del calcolo; (c) proporzione, rapporto, relazione matematica, ordine. A partire dal 5° secolo lógos indica la “ragione dell’uomo, la sua capacità di pensare; è sinonimo di noús”; è spirito e pensiero umano (vedi Democrito). In filosofia  lógos  “esprime connessione” essenziale per scoprire, l’aspetto fondamentale di qualcosa, sia esso realtà o discorso che altro non è se non un enunciato sulla realtà. Per cui, lógos : (a) ha un senso “rivelatorio” in quanto rende noto ciò che si deve comprendere, ciò che si vuol far capire, comunicare; (b) diviene realtà metafisica e concetto fisso in filosofia e teologia; (c) per influssi stranieri assume un valore cosmologico, creatore, ed ipostasi della divinità. Il lógos  è quel principio connettivo che costruisce il ‘ponte’, rendendo possibile il rapporto ” (a) fra l’uomo e il mondo degli uomini nell’ordinamento politico; (b) fra l’uomo e Dio; (c) fra il mondo e il trascendente (nella tarda antichità). Il lógos  è la realtà che fonda questo specifico |entrare in rapporto|. Eraclito è il primo che parla del lógos  in questo senso. Il lógos è – dice Platone – verace (alethês) perché manifesta (deloûn) e fedele, degno di fede ( pistós) perché significa (semainein): “esprime ciò che è, come è”. E’ interessante annotare che Ap 19,11-12 parlando della vittoria del Messia dia al cavaliere del cavallo bianco, i nomi di alethinós, pistòs e  o lógos toȗ theoȗ.

[2]    Cfr. 1Cor 11,23-25; Lc 22,19-20. Per le parole sul vino, vedi Jeremias. Le parole dell’ultima cena, 207ss.

[3]  Ger,31,32-34:  Non come l' alleanza che ho stipulato con i loro padri nel giorno in cui li presi per mano per farli uscire dal paese di Egitto, poiché essi violarono la mia alleanza, benché io fossi loro Signore, oracolo del Signore. Ma questa sarà l' alleanza che stipulerò con la casa di Israele alla fine di quei giorni, oracolo del Signore: io porrò la mia legge in mezzo a loro e sul loro cuore la scriverò; e io sarò per essi il loro Dio ed essi saranno per me il mio popolo. E non si ammaestreranno più l' un l' altro a vicenda, dicendo: "Riconoscete il Signore!", perché tutti mi riconosceranno dal più piccolo fino al più grande di essi, oracolo del Signore, perché io perdonerò la loro iniquità e i loro peccati non li ricorderò più.

[4] Vedi  anche Ger 32, 38-40: Essi saranno per me il mio popolo mentre io sarò per loro il loro Dio. Allora darò loro un altro cuore e un' altra norma perché mi temano ogni giorno per il bene loro e dei loro figli dopo di loro. Farò anche un' alleanza eterna con loro, quella di non ritirarmi più da loro, facendo loro del bene: metterò anche il mio timore nel loro cuore affinché non si allontanino più da me. Cfr. anche Is 61,8.

[5] Is 49,7-9: Così parla il Signore, il redentore di Israele, il suo Santo, a colui la cui persona è disprezzata, (…)  Nel tempo della benevolenza ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho prestato soccorso. Ti ho formato e ti ho fatto alleanza per il popolo, per rialzare il paese e ricuperare eredità devastate, per dire ai carcerati: "Uscite", e a quanti si trovano nelle tenebre: "Venite fuori". Pascoleranno su tutte le vie e su tutti i colli brulli avranno i loro pascoli.

[6] offrì se stesso: il concetto di personalità corporativa che soggiace a questo offrirsi e il suo valore sacrificale cultuale del termine (prospherein) rimarcano questa solidarietà davanti a Dio.

Ger parla di alleanza nuova ed eterna con riferimento all’alleanza con Noè (finché durerà il cielo e la terra)… In Gen si dice che Noè offrì a Dio, dopo il diluvio, un sacrificio di soave profumo. Dio lo odorò e disse. “non manderò più il diluvio”…: c’è del buono nel cuore dell’uomo – dice Dio.

[7]    Cosa possiamo mettere insieme, comporre, collegare, oggi? Riflessione ed esperienza per far nascere consapevolezza di sé; memoria e desiderio per far nascere la storia e la speranza; ideologie, convinzioni personali e fede per poter indirizzare al bene il percorso della storia; mettere insieme ricchi e poveri su una strada nuova di giustizia sociale e di equità; mettere insieme popoli e nazioni e questo significa pace. Mettere insieme intelligenza e fede ed ecco nasce una nuova cultura. E infine mettere insieme Dio e l’uomo ed ecco Gesù Cristo.