“Tacciano le armi e si convertano i cuori!”
Appena avuta la notizia dell’attacco ad Israele da parte dei terroristi di Hamas, la Presidenza della CEI ha pubblicato un suo comunicato.
“L’attacco contro Israele e la reazione che ne sta seguendo, con un’escalation inimmaginabile, destano dolore e grande preoccupazione. Esprimiamo vicinanza e solidarietà a tutti coloro che, ancora una volta, soffrono a causa della violenza e vivono nel terrore e nell’angoscia. Chiediamo il pronto rilascio degli ostaggi. Come auspicato da Papa Francesco durante la preghiera dell’Angelus di oggi: “Gli attacchi e le armi si fermino, per favore, e si comprenda che il terrorismo e la guerra non portano a nessuna soluzione, ma solo alla morte e alla sofferenza di tanti innocenti. La guerra è una sconfitta: ogni guerra è una sconfitta!”. Ci appelliamo alla comunità internazionale perché compia ogni sforzo per placare gli animi e avviare finalmente un percorso di stabilità per l’intera regione, nel rispetto dei diritti umani fondamentali. Quella Terra che riconosciamo come Santa merita una pace giusta e duratura, per essere punto di riferimento di “fede, speranza e amore”. Troppo sangue è già stato versato e troppo spesso di innocenti. Alle famiglie delle vittime e ai feriti giunga il nostro conforto. In questo mese, dedicato alla preghiera del Rosario, invitiamo tutte le nostre comunità a pregare per la pace: “Tacciano le armi e si convertano i cuori!”.
Condividendo le parole dei Vescovi italiani,che esprimono vicinanza e solidarietà a tutti coloro che soffrono a causa della violenza, il Movimento Rinascita Cristiana chiede il pronto rilascio degli ostaggi e si appella alla comunità internazionale perché sia avviata ogni possibile iniziativa per un percorso di stabilità dell’intera regione. Preghiamo perché le trattative di pace con l’Arabia Saudita continuino nonostante tutto e perché il popolo israeliano e il popolo palestinese imparino a convivere nella pace: troppe vite sono state sacrificate!
La vita va avanti, non ci piegheremo al terrore
Il SIR ha intervistato Noemi Di Segni, Presidente dell’Unione delle comunità ebraiche in Italia (UCEI), che si fa portavoce del sentimento degli ebrei italiani.
“Siamo sconvolti, scioccati. Siamo devastati, sfiniti dalle immagini che vediamo. Uno shock totale, per tutti i massacri perpetrati ai civili e per tutti i civili deportati a Gaza”. “La vita va avanti, la vita deve andare avanti. Noi non ci pieghiamo al terrore, assolutamente. Il terrore vuole proprio questo, l’interruzione e la paura. Non lo possiamo permettere. Per questo continuiamo a vivere e non chiudiamo le sinagoghe. La vita è la cosa più importante. È chiaro che non dipende solo dalla nostra volontà. Dipende anche da quanto lo capiscono gli altri paesi e nei contesti internazionali. Dal diritto di Israele a vivere, a sopravvivere, a resistere alla minaccia.
Il prossimo 16 ottobre si celebrano gli 80 anni dal rastrellamento del ghetto di Roma. Cosa significa per voi questo? Vivremo questo anniversario con la consapevolezza che non sono solo pagine di storia, che quanto avvenuto nel passato, succede ancora oggi, adesso, qui…
Voi siete ormai diventati veramente degli esperti della memoria. Quale l’antidoto all’odio e alla guerra? Per noi è la cosa più importante è educare i nostri figli, dal giorno stesso in cui nascono, ad amare gli altri esseri umani. Essere incuriositi dagli altri e apprezzare la vita che si ha e le libertà che si hanno.
La guerra si prospetta lunga. Quale la sua speranza? Intanto noi possiamo pregare, ogni minuto e ogni secondo, perché la guerra possa fare meno vittime possibili e spargere meno sangue. Però, anche il mondo ha i suoi poteri e le sue responsabilità per frenare e denunciare questi massacri, portandoli davanti ai tribunali internazionali e condannando la loro strumentalizzazione. Quanto sta accadendo non è deciso dal popolo palestinese ma sostenuto dalle organizzazioni terroristiche. E, ovviamente, condannando l’Iran e non accordando nulla di nulla. Ci sono quindi tanti livelli in cui anche il mondo può fare la sua parte. Noi continueremo a pregare che Dio protegga i ragazzi, soldati, volontari e famiglie, impegnati nella difesa delle preziose vite e ogni palmo di terra di Israele, in queste precipitose ore, e porti guarigione alle migliaia di feriti in cura. (L’intera intervista)
La chiesa italiana e la Laudate Deum
Pubblichiamo la dichiarazione del Presidente della CEI Card. Matteo Zuppi.
Ringraziamo il Santo Padre per averci donato l’Esortazione Apostolica “Laudate Deum” proprio nel giorno di San Francesco d’Assisi, patrono d’Italia. Il documento è una “campana di allarme” che non solo sottolinea le lentezze del sistema economico mondiale nell’affrontare la crisi ecologica, ma vuole diventare anche una “sveglia” perché tutti insieme, nessuno escluso, ci assumiamo le nostre responsabilità per la cura del creato, dono del Padre Creatore. Papa Francesco ci invita a guardare con preoccupazione la stagione che stiamo vivendo. Ci sono occasioni mancate come la crisi economica e quella sanitaria del Covid che non abbiamo colto nella loro chiamata a convertirci verso stili di vita più sobri e fraterni. Ogni ritardo ha conseguenze drammatiche, perché genera sofferenze soprattutto per le popolazioni più povere. C’è bisogno di un “pungiglione etico” che mostri la dignità e la grandezza dell’umano.
Due convinzioni animano il cuore di Francesco: “tutto è collegato” e “nessuno si salva da solo”. Le Conferenze delle Parti (COP) per riflettere e prendere decisioni sono appuntamenti con la storia che non possiamo mandare a vuoto. Anche la conversione dei nostri stili di vita può far crescere una cultura ecologica. Le motivazioni che sostengono questo rinnovato impegno sono spirituali. La fede nel Dio Creatore di ogni cosa ci spinge ad abitare le relazioni come dono: «trasforma la vita intera, trasfigura gli obiettivi personali, illumina il rapporto con gli altri e i legami con tutto il creato» (n.61). Come Chiese in Italia vogliamo fare la nostra parte, consapevoli che «non ci sono cambiamenti duraturi senza cambiamenti culturali» (n. 70). La stessa tenerezza di Gesù verso tutte le creature ci sostenga e ci faccia condividere il travaglio della creazione che geme e soffre gli effetti del cambiamento climatico in corso.
Laudate Deum, esortazione apostolica del Santo Padre Francesco
Nel giorno di San Francesco d’Assisi, Patrono d’Italia, il Papa si rivolge a tutte le persone del mondo con la sua nuova esortazione Laudate Deum. Questa esortazione non solo completa il messaggio dell’enciclica Laudato si’ pubblicata otto anni fa, ma è un nuovo documento, ricco di dati e numeri tratti dalla letteratura scientifica più recente. La Laudate Deum non si limita soltanto a lanciare un ulteriore drammatico allarme per le conseguenze sempre più gravi del cambiamento climatico nella speranza che la cop28 di Dubai possa finalmente invertire la tendenza prima che sia troppo tardi, ma contiene molto di più, e nel capitolo dedicato alla debolezza della politica internazionale mette il dito su una piaga dei nostri tempi: l’assenza di istituzioni e organizzazioni sovranazionali in grado di far rispettare gli impegni presi e di dirimere le controversie. La visione che il Papa propone è quella multipolare insistendo sulla necessità di favorire accordi multilaterali tra gli Stati, e della possibilità «di qualche forma di autorità mondiale regolata dal diritto», cioè di «organizzazioni mondiali più efficaci, dotate di autorità per assicurare il bene comune mondiale, lo sradicamento della fame e della miseria e la difesa certa dei diritti umani fondamentali». Organizzazioni in grado di «assicurare la realizzazione di alcuni obiettivi irrinunciabili. Servono strumenti nuovi, non una semplice riedizione di quelli vecchi.
Perché, conclude Francesco, «non sarà più utile sostenere istituzioni che preservino i diritti dei più forti senza occuparsi dei diritti di tutti». Sia che si affronti la crisi climatica e migratoria, sia che si parli dei conflitti che insanguinano il globo o che ci si occupi finalmente dello scandalo della fame e della sete nel mondo con la proposta di cambiare l’attuale sistema economico finanziario che produce “inequità”. Tutti fenomeni interconnessi, come aveva ampiamente già mostrato l’enciclica Laudato si’.
Nel Sinodo "c’è la verità dell’ascolto, c’è questa priorità"
Il 4 ottobre con una Messa solenne a Piazza San Pietro si è aperto il Sinodo sulla sinodalità. Nell’omelia, davanti a 25mila persone, tra cui i 365 membri sinodali, Papa Francesco ha tracciato il suo ritratto del popolo di Dio che cammina nella storia: “Una Chiesa unita e fraterna, che ascolta e dialoga; una Chiesa che benedice e incoraggia, che aiuta chi cerca il Signore, che scuote beneficamente gli indifferenti, che avvia percorsi per iniziare le persone alla bellezza della fede. Una Chiesa che ha Dio al centro e che, perciò, non si divide all’interno e non è mai aspra all’esterno”. Il Papa sottolinea che il Sinodo non è un parlamento: protagonista è lo Spirito Santo. “Non siamo qui per fare parlamento, siamo qui per camminare insieme con lo sguardo di Gesù, che benedice il Padre e accoglie quanti sono affaticati e oppressi”. “Lo sguardo benedicente del Signore invita anche noi a essere una Chiesa che, con animo lieto, contempla l’azione di Dio e discerne il presente”, ha proseguito il Papa: “E che, fra le onde talvolta agitate del nostro tempo, non si perde d’animo, non cerca scappatoie ideologiche, non si barrica dietro convinzioni acquisite, non cede a soluzioni di comodo, non si lascia dettare l’agenda dal mondo”. “Essere una Chiesa che non affronta le sfide e i problemi di oggi con uno spirito divisivo e conflittuale ma che, al contrario, volge gli occhi a Dio che è comunione e, con stupore e umiltà, lo benedice e lo adora, riconoscendolo suo unico Signore”, il secondo invito di Francesco, che ha precisato: “Non vogliamo glorie terrene, non vogliamo farci belli agli occhi del mondo, ma raggiungerlo con la consolazione del Vangelo, per testimoniare meglio, e a tutti, l’amore infinito di Dio”. Imparare da Gesù, dal suo “sguardo ospitale verso i più deboli, i sofferenti, gli scartati”, l’altra consegna: “questo sguardo accogliente di Gesù invita anche noi ad essere una Chiesa ospitale, non con le porte chiuse”. “Nel dialogo sinodale, in questa bella marcia nello Spirito Santo che compiamo insieme come popolo di Dio, possiamo crescere nell’unità e nell’amicizia con il Signore per guardare alle sfide di oggi con il suo sguardo”. “Camminiamo insieme: umili, ardenti e gioiosi”, l’esortazione ai 365 membri del Sinodo. L’esempio è quello di Francesco di Assisi, che “in un tempo di grandi lotte e divisioni, tra il potere temporale e quello religioso, tra la Chiesa istituzionale e le correnti eretiche, tra i cristiani e altri credenti, non criticò e non si scagliò contro nessuno, imbracciando solo le armi del Vangelo: l’umiltà e l’unità, la preghiera e la carità. Facciamo anche noi così!
Un’immagine che parla: “Qui dentro ascoltatevi, parlate liberamente tra voi, ma fuori bocche cucite. C'è un certo digiuno della parola pubblica che non è paura dei giornalisti”, ma rispetto del discernimento comunitario