60 anni della “Pacem in terris”
L’11 aprile di 60 anni fa Papa Giovanni XXII emanava la sua ultima l’Enciclica due mesi prima della sua morte. Ci trovavamo in un contesto internazionale assai simile a quello che attualmente stiamo vivendo. La grande novità di questo documento fu mettere al centro la questione dei diritti umani fondamentali e ricordare che per costruire un ordine sociale giusto occorre mettere come fondamento il principio che “ogni essere umano è persona” e quindi soggetto di diritti e doveri universali inviolabili e inalienabili.
La pace non è più solo “assenza di guerra”, ma diventa quindi parte di un’idea integrale della società che tiene insieme i diritti fondamentali al cibo, alla casa, all’assistenza sanitaria, all’istruzione, alla sicurezza sociale, alla partecipazione democratica, alla libertà di religione.
Questa Enciclica costituì un elemento decisivo per l’impegno sociale e politico dei credenti; senza di essa sarebbero stati impossibili i documenti conciliari più impegnativi, a partire dalla “Gaudium et spes”; senza di essa, Papa Paolo VI non avrebbe potuto scrivere che “lo sviluppo è il nome nuovo della pace”.
Sicuramente Angelo Roncalli fu un dono di Dio alla Sua Chiesa e la “Pacem in terris” fu il dono di Papa Giovanni all’umanità: un dono che continua a produrre frutti.
Papa Francesco ha ricordato nell’udienza del mercoledì questa enciclica scritta in piena guerra fredda: "Il Papa aprì davanti a tutti l'orizzonte ampio in cui poter parlare di pace". "Quell'enciclica fu una vera e benedizione, come uno squarcio di sereno in mezzo a nubi oscure. Il suo messaggio è attualissimo", come il passaggio in cui Roncalli chiedeva di regolare i rapporti "non facendo ricorso alla forza delle armi ma nella luce della ragione. Prego perché i capi delle nazioni se ne lascino ispirare nei progetti e nelle decisioni".
E' tempo di scelte coraggiose in un orizzonte pieno di interrogativi
“Riconoscere con sincerità le difficoltà ecclesiali e sociali, credendo, però, che siamo vicini ad una nuova primavera della Chiesa, aprendo nuove e coraggiose prospettive di futuro”. Questa la direzione di marcia indicata ai vescovi italiani dal card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, nella sua introduzione al Consiglio permanente della Cei. “Per questo occorre passione, visione profetica, libertà evangelica e intelligenza della comunione, generosa responsabilità e gratuità nel servizio”. “La pandemia ha fatto affiorare alcune debolezze ecclesiali più o meno latenti”, non dobbiamo ”correre dietro la ricerca illusoria e ipocrita di comunità perfette”, bensì “trasformare la sofferenza in consapevolezza e sapienza umana ed ecclesiale”. “Considerando la stagione della pandemia dobbiamo evitare che il ricorso alla comunicazione digitale, così importante durante l’isolamento, sostituisca la presenza e diventi funzionale all’individualismo e alla patologia della paura”, è “opportuno terminare con tante trasmissioni informatiche che inducono a chiudersi”. Al contrario, è urgente “nutrire una cultura cristiana, che dia significato e forma alla parola ‘insieme’”, “è insieme, nella fraternità e nella solidarietà, che costruiamo la pace, garantiamo la giustizia, superiamo gli eventi più dolorosi”. “Come non ricordare l’ultima tragedia che ha coinvolto profughi, che non hanno trovato chi custodiva la loro vita. Ricordando alcune emergenze come le povertà in aumento costante e preoccupante, l’inverno demografico, i divari tra i territori, la transizione ecologica e la crisi energetica, la difesa dei posti di lavoro, soprattutto per i giovani, i migranti, il superamento delle lungaggini burocratiche, le riforme dell’espressione democratica dello Stato e della legge elettorale il card afferma che è davvero per tutti tempo di scelte coraggiose e non di opportunismi”.
Infine “La Chiesa del post-pandemia e del Cammino sinodale si configura sempre più chiaramente come una Chiesa missionaria, della chiamata e dell’invio di ognuno, che si misura con le domande, le sfide, con la necessità di diffondere una cultura cristiana come chiave per capire e consolare la tanta sofferenza”. (L'intero documento)
Auguri Papa Francesco
Il Movimento Rinascita Cristiana ringrazia Papa Francesco per questi dieci anni di guida della Chiesa universale. Ma il cammino intrapreso è solo all'inizio e, da oggi in poi, insieme al Papa, guarderemo avanti per far maturare i "semi" del suo pontificato. Il primo seme nel 2013 fu la lettera programmatica Evangelii Gaudium che indicava una Chiesa in uscita, in dialogo con tutti gli uomini e tutte le religioni per promuovere la fratellanza umana (Fratelli Tutti) e per annunciare il Vangelo secondo il "sogno" del Concilio Vaticano II, un Concilio da portare ancora a compimento e che come Movimento Rinascita Cristiana ci impegniamo ad attualizzare in prima persona. Ricordiamo inoltre il suo magistero sulla povertà, sugli scartati della storia, sugli immigrati e sulle vittime della guerra, di una terza guerra modiale a pezzi, e insieme a Lui vogliamo sconfiggere la cultura dell'indifferenza in cui siamo sempre più immersi. Non possiamo non citare anche l'Enciclica Laudato Sii oggi più che mai attuale e il Sinodo sull'Amazzonia che affrontano la sfida di un'ecologia integrale che non può essere più separata dalla giustizia e dalla pace. Vogliamo nel prossimo futuro essere vicini a Papa Francesco che attraverso lo sforzo di un Sinodo universale invita tutta la chiesa a trasformarsi e a riformarsi sia nelle sue strutture che nei suoi fedeli laici.
Sinodo Europeo: il contributo del MIAMSI
Il testo dal titolo "Rivelare Gesù Cristo in un continente colpito dalla secolarizzazione e scosso dalle sfide globali" è strutturato in tre parti che corrispondono alle tre domande del documento di lavoro per la fase continentale del Sinodo (DTC). Il documento nella sua parte centrale afferma la necessità di tornare al progetto europeo iniziale "basato sul personalismo cristiano, un progetto nato dopo le due guerre mondiali e animato da un desiderio di pace duratura".
Il 6 febbraio a Strasburgo i Presidenti di quattro Movimenti nazionali del Relais Europeo hanno pubblicato un contributo per la fase continentale del Sinodo. Lo hanno fatto in connessione con i movimenti MIAMSI presenti in Siria e Libano, dimostrando così la solidarietà che li unisce all'interno dello spazio mediterraneo.
Il contributo è strutturato in tre parti che corrispondono alle tre domande a cui il DTC invita a rispondere nella sua conclusione (§106). In un'Europa secolarizzata, essa sottolinea la necessità di saper rivelare il messaggio evangelico al centro di ciò che costituisce la vita dei nostri contemporanei.
1. INTUIZIONI CHE RISUONANO PIÙ FORTEMENTE
I movimenti europei del MIAMSI si riconoscono nelle espressioni riportate dalla DEC (Documento di lavoro per la fase continentale del Sinodo sulla sinodalità, riguardo allo scandalo degli abusi sessuali commessi da membri del clero (§ 20) e alla persistenza di una distanza tra sacerdoti e laici (§ 19) che mette in discussione la comune dignità battesimale. I nostri movimenti fanno eco alle espressioni delle commissioni episcopali belga e italiana che sottolineano la necessità della corresponsabilità in una pluralità di ministeri, ordinati o meno, per un servizio comune della missione (§67).
L'esperienza sinodale si svolge in un periodo segnato dalla continuazione dei conflitti in Medio Oriente e dal ritorno della guerra nell'est del continente europeo. Questa situazione ci rende più sensibili ai conflitti che si svolgono in altre parti del mondo (§21), che tendiamo a dimenticare e le cui cause profonde evitiamo di cercare che potrebbero mettere in discussione le nostre responsabilità. Siamo sensibili a come la religione possa essere usata per coprire crimini di guerra e atrocità. In questo contesto, i membri dei nostri movimenti cercano il modo migliore per vivere la speranza cristiana, seguendo l'apostolo Paolo: «L'angoscia produce perseveranza, la perseveranza prova la fedeltà, la fedeltà prova la speranza» (Rm 5,3-4).
Anche la necessità di ascoltare, di camminare, di camminare insieme nell'ambito ecclesiale, ma anche con l'umanità intera, è un importante punto di risonanza. Dobbiamo lasciare, come espresso al paragrafo 31, "la comoda posizione di chi offre ospitalità per farci accogliere nell'esistenza di coloro che, sui nostri sentieri di umanità, sono nostri compagni".
Tutte le comunità in preghiera per la pace
La Presidenza dei Vescovi italiani ha fatto suo il grido accorato di Papa Francesco: “Tutto il mondo è in guerra, è in autodistruzione. Fermiamoci in tempo!”
Se da una parte è urgente un’azione diplomatica capace di spezzare la sterile logica della contrapposizione, dall’altra tutti i credenti devono sentirsi coinvolti nella costruzione di un mondo pacificato, giusto e solidale. Il tempo di Quaresima ci ricorda il valore della preghiera, del digiuno e della carità, le uniche vere armi capaci di trasformare i cuori delle persone e di renderci “fratelli tutti”.
Aderendo all’iniziativa del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE), invitiamo a celebrare venerdì 10 marzo una Santa Messa per le vittime della guerra in Ucraina e per la pace in questo Paese. Sarà un’occasione per rinnovare la nostra vicinanza alla popolazione e per affidare al Signore il nostro desiderio di pace. Chiedere la conversione del cuore, affinché si costruisca una rinnovata cultura di pace, sarà il modo in cui porteremo nel mondo quei germogli della Pasqua a cui ci prepariamo.