8Xmille alla Chiesa cattolica: la firma della solidarietà
Una firma che non costa nulla, ma che vale molto per tanti. È la firma dei contribuenti che decidono di destinare l’8xmille alla Chiesa cattolica. È un gesto importante che permette alla Chiesa cattolica di offrire aiuto, conforto e sostegno ai più fragili in Italia e nei paesi più poveri del mondo. Scopri di più su 8xmille.it (Youtube 8xmille)
La pace dono e promessa: il lavoro dei gruppi
In questo anno di riflessione e di azione per i gruppi di RC il tema della pace, proposto dal Piano di Lavoro 2022/23 è stato approfondito in tutte le città italiane in diversi modi e con diversi strumenti: conferenze, incontri via zoom, incontri di gruppo e attività cittadine con altre associazioni ecclesiali e civili.
Molti resoconti di inchiesta sono stati pubblicati sul numero di Rinascere 2/3 altri per motivi di spazio non hanno trovato posto sulla rivista; li inseriamo nel sito affinché siano a disposizione di tutto il Movimento. Per un approfondimento ulteriore segnaliamo anche la voce "Documenti".
(Leggi i documenti integrali)
Segnaliamo il percorso sinodale fatto a Genova da Rinascita Cristiana, Cif, Udi, Consultori e Sindacati CGIL, CISL, UIL nelle loro componenti femminili sul Cantiere della strada e del villaggio: COSTRUIRE PAROLE DI PACE
La Chiesa e i cristiani credono nella pace
La prolusione del Card. Matteo Zuppi all’Assemblea della Cei
“La guerra è una pandemia. Ci coinvolge tutti”. Lo ha detto il card. Matteo Zuppi, presidente della Cei, affrontando il tema della pace in Ucraina, a partire dall’impegno di Papa Francesco per questo “popolo martoriato”. “Gli siamo grati per la sua profezia, così rara oggi, quando parlare di pace sembra evitare di schierarsi o non riconoscere le responsabilità”, ha affermato Zuppi introducendo i lavori dell’Assemblea della Cei, in corso in Vaticano fino al 25 maggio: “La sua voce si fa carico dell’ansia profonda, talvolta inespressa, spesso inascoltata, dei popoli che hanno bisogno della pace”. “Dove sono gli sforzi creativi di pace?”. È questa, per il presidente della Cei, la domanda da porsi, come ha fatto il Papa nel recente viaggio in Ungheria: “Lasciamoci inquietare da questa domanda, perché non rimanga solo la logica spietata del conflitto”. No, allora, al “deterioramento delle relazioni internazionali”, che comportano il “triste tramonto del sogno corale di pace, mentre si fanno spazio i solisti della guerra”, ha affermato il cardinale citando ancora il viaggio di Francesco in terra magiara. E ancora, sempre con le parole del Papa: “sembra essersi disgregato negli animi l’entusiasmo di edificare una comunità delle nazioni pacifica e stabile, mentre si marcano le zone, si segnano le differenze, tornano a ruggire i nazionalismi…
A livello internazionale pare persino che la politica abbia come effetto quello di infiammare gli animi anziché di risolvere i problemi, dimentica della maturità raggiunta dopo gli orrori della guerra e regredita a una sorta di infantilismo bellico. Ma la pace non verrà mai dal perseguimento dei propri interessi strategici, bensì da politiche capaci di guardare all’insieme, allo sviluppo di tutti”.
“Per noi la pace non è solo un auspicio, ma è la realtà stessa della Chiesa, che germina – come il segno di pace – dall’Eucaristia e dal Vangelo”. “Proprio tra pochi giorni ricorderemo i sessant’anni della morte di San Giovanni XXIII, che visse due guerre mondiali e attualizzò con efficacia il messaggio pacifico della fede con la Pacem in terris, cominciando a rivolgersi agli ‘uomini di buona volontà’”, ha sottolineato il cardinale: “Siamo il popolo della pace, a partire da Gesù che è la nostra pace. Lo siamo per la storia del nostro Paese, per la sua collocazione nel Mediterraneo, cerniera tra Nord e Sud, ma anche tra Est e Ovest. Lo siamo – mi sembra – per le radici più profonde e caratteristiche del nostro popolo”. E ancora “abbiamo bisogno di migranti per vivere”, mentre “ancora si rimanda decisione su ius culturae” e certamente il “naufragio di Cutro non doveva avvenire”. Infine parlando della sitazione politica italiana il Cardinale ricorda che “per cambiare la Costituzione è necessario ritrovare uno spirito costituente”, “primo banco di prova è legge elettorale”. (Il testo della Prolusione)
Parlare con il cuore. "Secondo verità nella carità" (Ef 4,15)
Saper parlare con il cuore significa educarsi alla pace e alla compassione per partecipare alla costruzione di una società più umana e più giusta. È questo il senso del messaggio di Papa Francesco per la 57° Giornata mondiale delle comunicazioni sociali che sarà celebrata nella festa dell'Ascensione, il 21 maggio.
Cari fratelli e sorelle!
Dopo aver riflettuto, negli anni scorsi, sui verbi “andare e vedere” e “ascoltare” come condizione per una buona comunicazione, vorrei con questo Messaggio per la LVII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali soffermarmi sul “parlare con il cuore”. È il cuore che ci ha mosso ad andare, vedere e ascoltare ed è il cuore che ci muove a una comunicazione aperta e accogliente. Dopo esserci allenati nell’ascolto, che richiede attesa e pazienza, nonché la rinuncia ad affermare in modo pregiudiziale il nostro punto di vista, possiamo entrare nella dinamica del dialogo e della condivisione, che è appunto quella del comunicare cordialmente. Una volta ascoltato l’altro con cuore puro, riusciremo anche a parlare seguendo la verità nell'amore (cfr Ef 4,15). Non dobbiamo temere di proclamare la verità, anche se a volte scomoda, ma di farlo senza carità, senza cuore. Perché «il programma del cristiano – come scrisse Benedetto XVI – è “un cuore che vede”» [1]. Un cuore che con il suo palpito rivela la verità del nostro essere e che per questo va ascoltato. Questo porta chi ascolta a sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda, al punto da arrivare a sentire nel proprio cuore anche il palpito dell’altro. Allora può avvenire il miracolo dell’incontro, che ci fa guardare gli uni gli altri con compassione, accogliendo le reciproche fragilità con rispetto, anziché giudicare per sentito dire e seminare discordia e divisioni.
Gesù ci avverte che ogni albero si riconosce dal suo frutto (cfr Lc 6,44): «L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda» (v. 45). Per questo, per poter comunicare secondo verità nella carità, occorre purificare il proprio cuore. Solo ascoltando e parlando con il cuore puro possiamo vedere oltre l’apparenza e superare il rumore indistinto che, anche nel campo dell’informazione, non ci aiuta a discernere nella complessità del mondo in cui viviamo. L’appello a parlare con il cuore interpella radicalmente il nostro tempo, così propenso all’indifferenza e all’indignazione, a volte anche sulla base della disinformazione, che falsifica e strumentalizza la verità.
Giovani e lavoro per nutrire la speranza
Il Messaggio dei Vescovi per la Festa dei lavoratori (foto dal Giornale della Parrocchia di San Bernardino - Molfetta)
I dati sull’occupazione in Italia mettono in luce un fatto assai preoccupante: circa un quarto della popolazione giovanile del nostro Paese non trova lavoro, soprattutto nel Mezzogiorno. Il quadro ci deve interrogare su quanto la nostra società, le nostre istituzioni, le nostre comunità investono per dare prospettive di presente e di futuro ai giovani. Essi pagano anche il conto di un modello culturale che non promuove a sufficienza la formazione, fatica ad accompagnarli nei passi decisivi della vita e non riesce a offrire motivi di speranza. Come sottolinea papa Francesco nell’esortazione apostolica Christus vivit: «Il mondo del lavoro è un ambito in cui i giovani sperimentano forme di esclusione ed emarginazione. La prima e più grave è la disoccupazione giovanile, che in alcuni Paesi raggiunge livelli esorbitanti. Oltre a renderli poveri, la mancanza di lavoro recide nei giovani la capacità di sognare e di sperare e li priva della possibilità di dare un contributo allo sviluppo della società» (n. 270). Conosciamo molto bene l’impatto sulla vita ordinaria di tale situazione: vengono rimandate le scelte di vita e si rimuove dall’orizzonte futuro la generazione di figli.
La crisi demografica in corso nel nostro Paese aggrava la situazione. I giovani diventano sempre più marginali. Le giovani donne conoscono un ulteriore peggioramento delle opportunità lavorative e sociali. Preoccupa anche il numero elevato di giovani che lasciano il Sud, le Isole e le aree interne per cercare fortuna nelle aree metropolitane del Nord Italia o che addirittura abbandonano per sempre la terra di origine. Un’attenzione particolare merita la situazione di precarietà lavorativa che vivono molti giovani: dove scarseggia la domanda di lavoro i giovani sono sottopagati, vedono frustrate le loro capacità e competenze e perciò interpellano la coscienza dei credenti in tutti gli ambiti lavorativi e professionali. Si avverte la fatica di far incontrare la domanda e l’offerta di lavoro, per cui molte professionalità non trovano accoglienza nei giovani. Desta preoccupazione anche il tasso dei giovani che non studiano né lavorano (NEET), quelli che finiscono nelle reti della criminalità, del gioco d’azzardo, del lavoro nero e sfruttato, del mondo della droga e dell’alcolismo.
Papa Francesco, in relazione al tema dei giovani, ha più volte parlato di un’«unzione», di un dono di grazia, manifestazione dell’intrinseca dignità della persona, fonte e strumento di gratuità. Senza il lavoro non viene infatti a mancare solamente una fonte di reddito – peraltro importantissima – ma i giovani disoccupati «crescono senza dignità, perché non sono “unti” dal lavoro che è quello che dà la dignità» (Visita pastorale a Genova, Incontro con il mondo del lavoro, 27 maggio 2017).